In Occidente si assiste ad una profonda crisi della spiritualità e della trascendenza. Le vocazioni nei paesi europei sono ridotte a un triste lumicino. Nella stessa Italia vi è una crescente presenza di sacerdoti in provenienza da altrove. Le masse sembrano aver perso il loro legame millenario con la religione, tanto che la frase “le radici cristiane dell’Occidente” appare purtroppo, ormai, come un’espressione retorica. Del resto, l’Europa, anzi l’Ue, ha rinunciato ad inserire nei suoi atti costitutivi un’attestazione circa la propria continuità rispetto al passato cristiano. Il periodo storico in cui noi viviamo sarà un giorno studiato con grande interesse da coloro che ci succederanno, e che si metteranno alla ricerca delle cause di questo vero e proprio naufragio di civiltà. La stessa dottrina cristiana sembra subire una rapida trasformazione in senso “realistico”, ossia adeguandosi alla società d’oggi, che per le sue stranezze agli occhi di molti appare tuttavia come una società al contrario. Oggi a tutti noi, in Occidente, è negato il diritto di trasmettere ai figli i valori, le costumanze, le regole severe, i principi morali con cui noi siamo cresciuti e che hanno fatto di noi ciò che siamo, ma che sono stati aboliti dai burocrati e guardiani che sono al servizio del pensiero dominante. Da anni ormai, il voler educare i propri figli come siamo stati educati noi è considerato non solo riprovevole, ma può farci finire in un’aula di tribunale: che si pensi ad una correzione con schiaffi impartita alla nostra prole, evento ormai impensabile. La messa all’indice dei valori e delle norme che sono alla base del nostro essere è fonte di alienazione per noi di una certa età, perché ci fa sentire messi al bando della società. Il matrimonio omosessuale è la quintessenza di questi nuovi costumi sociali, calorosamente applauditi oggi, ma che possono lasciare profondamente perplesso qualcuno che non sia al passo coi tempi straordinari in cui viviamo. Ma devo star attento a quel che dico, perché in un paese come il Canada è proibito esprimere idee critiche, ossia non beatificanti, su certe minoranze. Altrimenti si rischia di venir giudizialmente perseguiti per incitazione all’odio. Non c’è niente da fare, il diktat del “politically correct” ha intaccato certe normalità sancite da secoli di storia. Normalità che si sono trovate all’improvviso sul banco degli imputati. Nel pamphlet “Come la Chiesa finì”, lo studioso Aldo Maria Valli, molto critico nei confronti del continuo aggiornamento da parte della Chiesa, sostiene provocatoriamente che la Chiesa rischia di dissolversi nel mondo a forza di adeguamenti al mondo. Lo Stato-Nazione sopravvive, ma è fortemente insidiato dalle nuove regole favorenti mondialismo e globalizzazione di cui la Ue, costoso succedaneo burocratico-finanziario dell’Europa dei popoli, si fa l’ardente propagandista. A quando un’abolizione, in nome della religione dei diritti umani, degli inni nazionali europei, dato ch’essi violano, dal primo all’ultimo, i dogmi della Carta dei diritti umani? Gli anni in cui viviamo sono inquietanti per forze cristiane, ormai in ritirata. Il dominio della ragione – una ragione che esalta il materialismo, l’edonismo e l’utilitarismo, e che pone al centro non la comunità ma l’individuo atomizzato con i tanti suoi desideri spacciati per diritti – si è espanso rovinosamente, a scapito della fede. Ma solo il cristianesimo ripiega ed arretra sul campo di battaglia, mentre l’Islam, ad esempio, avanza rapidamente, in armi. Un altro fenomeno sarà oggetto di studio in chi verrà dopo di noi: l’esistenza di due papi. Il primo dei quali, dimissionario, perché aveva esaurito le sue energie: il compianto Ratzinger, che da Castel Gandolfo ha continuato nondimeno ad essere un punto di riferimento per una porzione dei fedeli della Chiesa, rimasti orfani. “Il papa tedesco”, grande sapiente, profondo teologo, fedele alle tradizioni e custode della dottrina della Chiesa, si è dimostrato contrario alle mode del pensiero e al relativismo che mirano a trasformare la dottrina cristiana, e a tradire in tal modo anche i valori e i principi naturali insiti nell’uomo. Un papa, il nostro Ratzinger, dotato inoltre di una grande coscienza sociale che gli deriva dalla sua conoscenza dei meccanismi presenti nella realtà del lavoro. Le encicliche dei papi, tra cui la mirabile “Rerum Novarum” di Leone XIII e la Quadragesimo Anno di Pio XI, costituiscono un sorprendente modello, nobilmente progressista, della relazione tra il capitale e il lavoro. Modello improntato ai valori della giustizia sociale, del progressismo se proprio vogliamo, e del rispetto per la dignità dei lavoratori. Ai quali la Chiesa si rivela profondamente vicina. La Chiesa accetta l’economia di mercato con la logica del profitto, ma rivendica il sacrosanto diritto dei lavoratori ad una giusta retribuzione e al rispetto della propria sicurezza e dignità. La dottrina della Chiesa, in questo campo, è direi stupefacente per la sua articolata analisi del mondo del lavoro e per il suo senso di profonda equità nel trattare i diritti di coloro che contribuiscono al progresso economico della comunità e della società intera. Sul seggio di Pietro abbiamo, oggi, l’altro pontefice, papa Francesco, assai poco tradizionalista, tanto che l’ala conservatrice gli rimprovera uno stile e un insegnamento dottrinario troppo innovativi. Questi due papi sono stati entrambi sostenitori del Concilio Vaticano II, che introdusse la modernità in una Chiesa fortemente tradizionalista. Eppure il loro pensiero diverge – oso dire – sul peso da dare alla tradizione, alla ragione e alla stessa fede cattolica. L’intellettuale cattolico Riccardo Pedrizzi, ex senatore, autore di una serie di libri e di articoli a carattere storico, filosofico, politico, economico, religioso, ha dedicato un libro a Ratzinger, di cui ci presenta il bagaglio dottrinale, morale e culturale. Il libro reca il titolo – Joseph Ratzinger Benedetto XVI – La ragione dell’uomo sulle tracce di Dio. Introduzione di Gianni Letta, Prefazione di Giovanni Battista Re, Postfazione di Giuseppe de Lucia Lumeno (Cantagalli, 2024).” Basterebbero questi nomi prestigiosi per capire l‘importanza e l’elevatezza di questo studio su papa Ratzinger. Nel libro è evitato ogni raffronto con il papato di Bergoglio, succeduto a Ratzinger, il che – dobbiamo riconoscere – deve essere stata un’impresa non minore. Ma lo scopo del libro è di illustrare con rispetto, ammirazione ed amore la grandezza di papa Benedetto XVI, e non certo di criticare il suo successore. Riccardo Pedrizzi ha celebrato, a suo tempo, con grande trasporto papa Ratzinger, scrivendo alla sua morte: “Se ne è andato il nostro Papa emerito, un Padre per tutti i cattolici del mondo, il più grande teologo di questo secolo, il filosofo che seppe sfidare la modernità utilizzando i suoi stessi strumenti; il difensore dei principi non negoziabili, colui che rivendicò sempre il ruolo pubblico del cristianesimo, che seppe conciliare fede e ragione, che insistette sempre per il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa, che promosse con forza il dialogo tra le religioni salvaguardando l’identità del cattolicesimo. È una perdita incommensurabile ma il suo magistero resterà la stella polare per tutti noi.” Gli insegnamenti di Benedetto XVI, di cui Riccardo Pedrizzi si fa con passione e competenza il propagatore, in questo volumetto denso di idee, appaiono in opposizione ad una certa deriva del cattolicesimo, avvertibile – lo dico con imbarazzo – anche in alcune stranezze a sfondo provocatorio, antisistema e terzomondista, del suo successore. Il rispetto che papa Ratzinger ha sempre mostrato per lo Stato-Nazione, per l’Europa, e per l’Occidente, cui si accompagna beninteso il nobile afflato universalistico cristiano, non trova corrispettivo nel bagaglio culturale e dottrinario di papa Bergoglio, che considera l’Europa e l’Occidente colpevoli di non voler abolire per sempre le proprie frontiere. Non dimentichiamo che Ratzinger fu il più stretto collaboratore di Papa Wojtyla, nel cuore del quale la Nazione e la sua cultura ebbero un posto speciale. Allo studioso Pedrizzi, dal profondo spirito cattolico e dal grande rispetto per la tradizione, sta molto a cuore il senso unitario e la solidarietà in seno alla Chiesa. Da qui, evidentemente, la sua rinuncia a contrapporre i due papati, anche se il raffronto, in filigrana, in certi momenti s’impone implicitamente da sé. I contributi teologici offerti da questo papa sono numerosi e densi di sapienza e di umanità. Il rapporto tra la ragione e la fede è forse l’architrave del suo insegnamento. La fede è amica della ragione, ci insegna Ratzinger, perché le apre nuovi orizzonti, “aiutandola a superare – scrive Pedrizzi – i confini dell’intelligenza umana”. Parole illuminanti. Il nostro cattolicesimo, quindi, non va tenuto nascosto, non è un fatto privato e va anzi mostrato, perché innalza la nostra società. Quanto all’abbaglio causato da una fedeltà assoluta alla ragione, anima del progresso, io ricorderei il gigantesco inganno causato dal carattere cosiddetto scientifico del marxismo col suo sottoprodotto: il socialismo reale, un’ideologia che è stata alla base degli obbrobri dei processi staliniani, dei gulag, e della miseria morale e materiale delle “democrazie popolari”, fabbriche di lacrime e di menzogne. Obbrobrio che oggi continua nella Corea del Nord. Sorvolo sulla condanna che si dovrebbe anche emettere sul cretinismo che afflisse intere generazioni di comunisti nostrani, ammalati di ideologismo e freneticamente attivi, nei salotti buoni d’Italia e d’Europa, a formulare denunce anticapitalistiche nel loro linguaggio pseudoscientifico e pappagallesco che faceva appello a termini come “lotta di classe”, “nemico del popolo”, “mezzi di produzione, “plusvalore”, “vento della storia”, “spirito borghese”, ecc. Tutto spazzato via ormai, con gli ex comunisti che, convertitisi alle leggi di mercato, si sono trasformati paradossalmente in sostenitori di un liberismo finanziario puro e duro, ossia mondialista e a carattere predatorio. Chiudo qui la mia parentesi reazionaria. Il pensiero chiaro e netto di Benedetto XVI ci illumina anche su tanti altri temi, che l’Autore espone con limpidità, apportandovi i dovuti chiarimenti, e ponendo il lettore nel giusto contesto. La Tradizione e il Magistero della Chiesa sono al cuore del pensiero di questo papa, per il quale libertarianismo, libertinismo, sincretismo, scetticismo, marxismo, relativismo sono aberrazione ideologiche. Il nichilismo libertario, il laicismo, la secolarizzazione “come un virus hanno infettato il nostro modo di pensare e di vivere, la nostra società, la società italiana, europea e occidentale”. Giova qui menzionare che l’Europa, in Ratzinger, “ha occupato sempre un posto privilegiato nel suo cuore e nella sua speculazione teologica e filosofica”. I valori della fede devono prevalere su ogni altra strategia diretta ad espandere la presenza della Chiesa tra gli uomini. Ratzinger ha messo in chiaro che gli autentici diritti fondamentali fanno parte della natura umana, e sono quindi imprescindibili. Inoltre sono anteriori alla stessa codificazione che ne fanno gli Stati. Lo Stato deve prenderne atto e codificarli; insomma, li deve riconoscere ma non può “crearli”. Pertanto, il matrimonio tra persone dello stesso sesso viola un principio connaturato alla verità della natura umana. Un merito di questo papa è anche di aver denunciato la globalizzazione senza regole, negatrice delle identità nazionali, religiose, culturali. Ma a suo tempo il giovane Ratzinger favorì anch’egli l’apertura epocale compiuta dalla Chiesa attraverso il Concilio Vaticano II, che nel tentativo di razionalizzare la Chiesa e la sua dottrina aprì invece le cateratte di un adeguamento continuo del Cielo alla Terra. Ma il papa vide poi gli effetti di questo ammodernamento ad oltranza, disgregatore della Tradizione, e probabilmente ne soffrì. Si potrebbe continuare in questa disamina del libro di Pedrizzi, troppo ricco però di spunti, di citazioni, e di riflessioni perché io ne possa farne qui una sintesi completa. Terminerò invece con il pensiero di un ateo: Giuseppe Prezzolini, grande intellettuale di destra, aperto al mondo e alle sue idee. Ha scritto Giuseppe Prezzolini: “La chiesa, secondo me, ha una funzione unica al mondo: quella di consolare gli uomini della loro infelicità e di confortarli con la sua facoltà di perdono”. Se la chiesa si addentra nella politica “si immerge nelle lotte della concupiscenza politica” e “rimarrà sempre sopraffatta dai partiti politici che non esiteranno a promettere di più”. E ancora “Temo che il concilio ecumenico abbia creato l’illusione di poter ricavare dal Vangelo un piano sociale, che nel Vangelo non c’è, e invece di corrispondere alla infelicità degli uomini si contenti di eccitare e carezzare i desideri materiali.” Sono concetti che Prezzolini espresse il 29 marzo 1966 durante l’udienza personale che ebbe con Paolo VI, e che sarebbe bene che qualcuno ripetesse a certi ecclesiastici, imbevuti di sociologia, d’ideologismo e di politica, e trasudanti intolleranza nei confronti di quella nobile creazione umana che è la Nazione, con il suo alto ruolo di governo del proprio popolo. Papa Ratzinger con i suoi scritti e la sua azione si è dimostrato fedele alla insostituibile missione della Chiesa che è “di consolare gli uomini della loro infelicità e di confortarli con la sua facoltà di perdono”. Occorrerebbe allora conservare cara la sua altezza di pensiero, di sentimenti, di propositi, di aspirazioni, e mai abbandonare la Tradizione, di cui anche Riccardo Pedrizzi, autore di questo ammirevole saggio, si rivela un appassionato difensore.

Riccardo Pedrizzi, “Joseph Ratzinger, Benedetto XVI – La ragione dell’uomo sulle tracce di Dio.”Eidizioni Cantagalli – anno 2024 – 80 pagg. – 12,00 euro