di Mario Bozzi Sentieri

“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri” – scriveva ottant’anni fa George Orwell nel romanzo allegorico “La fattoria degli animali”. Non è solo una bizzarria creativa. Vale ancora nella società contemporanea. Vale anche nella memoria collettiva, nel peso e nell’importanza che vengono riconosciute a date ed avvenimenti. Lo si è visto il 26 novembre, giornata dedicata alla commemorazione dell’Holodomor (termine ucraino composto da “Olod”. fame – carestia, e “mòryty”, uccidere – affamare, il cui significato è: “procurare intenzionalmente la morte per fame”) attuato dall’Unione Sovietica per piegare la resistenza dei contadini alla collettivizzazione e liquidare l’élite nazionale. Si è trattato del più imponente massacro della storia europea del XX secolo dopo la Shoah: quattro milioni di morti in appena sei mesi, da gennaio a giugno 1933. Fu lo stesso Stalin a pianificare lo sterminio. L’Ucraina doveva pagare la sua resistenza al regime comunista, resistenza manifestatasi durante la guerra civile seguita alla rivoluzione bolscevica. Troppo conservatori e anticomunisti gli ucraini per le politiche collettivistiche. La parola d’ordine dell’apparato fu allora di “spezzare la schiena alla classe contadina”. Il Paese fu isolato. Tutte le forniture di cibo ed il bestiame confiscate. E non ci fu scampo per nessuno. Per chi fosse stato sorpreso a rubare sarebbe scattata la fucilazione o la detenzione superiore a dieci anni, secondo la legge del 7 agosto del 1932, detta “delle cinque spighe”, proposta da Stalin in persona. E fu l’inferno. Secondo gli stessi rapporti riservati della polizia di Kiev dilagò il cannibalismo, nelle forme più bestiali, con i genitori che arrivarono a mangiare i propri figli, la desertificazione di interi villaggi, l’impazzimento collettivo, mentre la repressione era accompagnata da un attacco spietato alla cultura ucraina, alla fede ortodossa, alla coscienza nazionale. Esemplare quanto ebbe a scrivere Vasilij Grossaman, nel romanzo Tutto scorre: “Dapprima la fame scaccia di casa, perché in un primo tempo ti brucia, ti strazia come il fuoco, ti strappa le budella e l’anima – allora l’uomo scappa di casa. La gente estrae i vermi dalla terra, raccoglie l’erba; hai ben visto, fino a Kiev strariparono. Tutti si allontanano da casa, se ne vanno tutti. Ma poi arriva il giorno che l’affamato torna indietro, trascinandosi alla sua capanna. Questo significa che la fame lo ha sopraffatto, ormai quell’uomo non si salva più: si mette a letto e là giace. Una volta che la fame lo ha sopraffatto, quell’uomo non lo rialzi più, non solo perché non ne ha la forza: è che gli manca l’interesse, non ha più voglia di vivere; sta lì steso, zitto zitto, e non si muove, e non ti venga in mente di toccarlo. L’affamato non vuole mangiare, piscia ogni momento, ha la diarrea; diventa sonnolento, non vuole essere disturbato: vuole che lo lascino in pace. Così distesi si avviano alla morte”. Il 29 novembre 2006 il Presidente ucraino Viktor Yushchenko ha firmato la Legge che definisce l’Holodomor come un evento provocato, e poi sfruttato, in base a una precisa e dimostrabile scelta politica. La legge ha proclamato il quarto sabato di novembre “Giorno del ricordo” per commemorarne le vittime innocenti. Nell’ ottobre 2008 il Parlamento Europeo ha riconosciuto il genocidio, definendo l’Holodomor “spaventoso crimine contro il popolo ucraino e contro l’umanità”. Oggi, 28 Paesi in tutto il mondo presentano l’Holodomor come genocidio contro gli ucraini. L’Italia purtroppo non è tra questi, almeno fino a quest’anno. Ma a novant’anni da quei drammatici eventi pare crescere una consapevolezza trasversale, intorno a cui costruire un’attenzione diffusa. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ne ha parlato all’ultima Assemblea nazionale dell’Anci, invitando ad un’iniziativa nazionale, finalizzata ad istituzionalizzare la giornata dedicata a commemorare il genocidio degli ucraini. Un’iniziativa simile è stata propugnata da Fratelli d’Italia. Martedì, al riguardo, verrà presentata una mozione insieme a Yaroslav Melnyk, ambasciatore ucraino in Italia. Nel testo si legge che l’Holodomor dovrà essere riconosciuto come genocidio. “È chiaro che c’è una connotazione politica legata all’attualità. Ma non si tratta di un’operazione di parte: l’obiettivo è avere il consenso unanime del Parlamento”, ha detto Giangiacomo Calovini, capogruppo in commissione Esteri alla Camera di FdI. Importante – ci sia permesso di rimarcarlo – è porre al centro il ricordo di quelle drammatiche vicende, il prezzo pagato dal popolo ucraino, la mostruosità ideologica di chi fu responsabile dell’ Holodomor. Senza strumentalismi di parte. Ma anche senza antistoriche chiusure. Perché finalmente anche questa data diventi finalmente memoria condivisa. Senza se e senza ma.