L’invito di Marc Lazar

di Mario Bozzi Sentieri

Storico e sociologo francese, studioso dell’estrema sinistra e della politica italiana, con particolare attenzione alle mutazioni della nostra democrazia, Marc Lazar è una delle “voci nuove” del Festivalfilosofia 2021, che si terrà tra Modena, Carpi e Sassuolo dal 17 al 19 settembre. La sua lectio magistralis, dedicata alla “Crisi della libertà. Sulla democrazia liberale e rappresentativa”, è stata parzialmente anticipata da “la Repubblica”. Nocciolo dell’analisi di Lazar è il rapporto tra democrazie e populismi: un tema cruciale che ci piace rimarcare, quale esempio, tra tante valutazioni superficiali e sostanzialmente propagandistiche, offerte, in materia, dalla cultura italiana e largamente dispensate dai mass media. Lo studioso francese chiarisce – in premessa – come sia necessario comprendere le dinamiche in corso, “soprattutto nella dialettica tra le democrazie ed i populismi”, a partire da quelle che vengono individuate come le tre grandi crisi che stanno alla base della crescita dei populismi: una crisi politica, una sociale ed una culturale. La crisi politica è contrassegnata – secondo Lazar – dalla sfiducia verso le istituzioni ed i responsabili politici, accusati di essere corrotti ed incapaci di “rappresentare” il sentire collettivo; sul piano sociale è la precarizzazione diffusa, capace di approfondire le disuguaglianze tra le persone e le generazioni, a favorire la crescita dei populismi; culturalmente sono le questioni “identitarie” a tenere banco, quali risposte al lungo processo di individualizzazione delle nostre società. Rispetto alle banalizzazioni a cui siamo abituati ogni giorno dal mainstream le analisi offerte da Lazar ci sembrano un significativo salto di qualità: una base di partenza essenziale non solo per comprendere, alle radici, i populismi, quanto anche per elaborare – da parte di chi non si riconosce nel quadro politico, sociale e culturale dominante – le doverose contromisure, le risposte di sostanza, i programmi in grado di superare finalmente la crisi cronica del sistema liberal-democratico. Lazar pone la questione al fondo della sua lectio: “Saranno capaci – chiede – le nostre democrazie, di rinnovarsi da cima a fondo, di integrare le persone che si rifugiano nell’astensionismo e nel voto protestatario-populista, di favorire la partecipazione civica, di far emergere nuovi responsabili politici che riflettano meglio la complessità e la diversità delle nostre società?” Tra tanta retorica “democratica”, oggi largamente diffusa, da qui crediamo si debba partire, preso atto delle ragioni di fondo che stanno alla base di una crisi sistemica, rispetto alla quale è urgente dare risposte adeguate. Al di là delle piccole scaramucce politiche, della cronica arretratezza del nostro sistema produttivo, dei bassi orizzonti di una cultura conformista impegnata a difendere l’esistente, l’invito a comprendere “alle radici” i populismi, appare come l’unica strada percorribile per iniziare ad affrontare le debolezze “strutturali” delle società liberal-democratiche. A cominciare dal “distacco” tra istituzioni parlamentari e cittadini e dallo sfilacciarsi dei vecchi modelli di rappresentanza politica e di coesione sociale. Al di là degli interventi economici, su cui pare focalizzarsi l’azione dei governi occidentali, ben oltre l’andamento dei rispettivi Pil e la tenuta dei bilanci ci vuole ben altro per “difendere la democrazia”. I temi non mancano: la cesura tra ciò che pensa il cittadino e ciò che fa l’uomo politico, suo rappresentante; la carenza di controllo sulle decisioni dei centri di potere “irresponsabili”, che presiedono alla produzione e all’allocazione delle risorse materiali ed influiscono in maniera determinante sulla politica degli Stati, plasmano l’opinione pubblica, condizionano pesantemente i processi elettorali; la perdita di ruolo dei partiti, intorno a cui si sono costruite le democrazie parlamentaristiche occidentali; la difficoltà a governare il pluralismo delle società complesse; la sudditanza ai dettami della globalizzazione; il venire meno della capacità di coinvolgimento critico del cittadino, segnato dall’individualismo e dal consumismo. Sono questi i temi rispetto ai quali è urgente dare risposte chiare e dirette, laddove certa politica-politicante sembra essere inconsapevole, rincantucciata dietro le parole passepartout, buone forse nel passato, ma oggi decisamente inadeguate, preso atto – per dirla con il Berlinguer parafrasato da Lazar – che la spinta propulsiva delle democrazie liberali e rappresentative è esaurita. E dunque a nuovi strumenti rappresentativi occorre pensare e ad una reale politica partecipativa, in grado di dare voce alla volontà popolare.