Carbone in cambio di esseri umani. Le condizioni disumane riservate anche ai familiari dei minatori, bambini compresi. L’accordo del 23 giugno del 1946 fu sottoscritto dal governo di unità nazionale presieduto da Alcide De Gasperi e sostenuto da Dc, Pci, Psiup, Liberali, Partito d’azione e Partito democratico del lavoro

di Gianluigi Ferretti

Anche quest’anno, l’8 di agosto, l’Ugl sarà alla miniera di Marcinelle per ricordare le tremende colpe della nostra Patria-matrigna che vendette i suoi figli come schiavi. Per loro fu pattuito un prezzo e il compratore volle solo uomini sani e robusti, che furono sbattuti a vivere nelle baracche fatiscenti e insalubri dove i tedeschi avevano rinchiuso i prigionieri russi per poi esservi rinchiusi a loro volta dai belgi. Sempre sporchi di carbone fuo­ri e dentro il corpo, loro, le loro mogli, i loro bambini. La fuga era ripagata con il carcere. Il compratore fu il governo belga, per conto delle compagnie minerarie molto attive anche in Congo. Il venditore fu il governo italiano. Il 2 giugno 1946 si erano svolte le elezioni assieme al referendum monarchia-repub­blica; l’11 giugno era stata proclamata la repubblica e 12 giorni dopo, il 23 giugno, il governo stipulava un trattato che prevedeva l’invio di 2mila operai alla settimana con­tro l’approvvigionamento di 200 kg. di carbone per ogni giornata lavorata da ognuno di loro, fino ad arrivare ad un totale di 50.000 lavoratori italiani in Bel­gio, ovvero esattamente tanti quanti era­no i prigionieri tedeschi, fino ad allora utilizzati in miniera, ormai liberati. Questo ignobile baratto costò la vita a 867 italiani, periti nelle miniere belghe in 13 anni, dal 1946 al 1963; un tributo di sangue al quale si aggiunge quello di migliaia uccisi dal killer silenzioso della silicosi, riconosciuta come malattia pro­fessionale dal governo belga solo nel 1963.

Gian Luigi Ferretti