di Mario Bozzi Sentieri

La  firma della dichiarazione comune sul futuro dell’Unione Europea (“Appello per il futuro dell’Europa”) da parte di sedici partiti di orientamento sovranista, tra cui Fratelli d’Italia, la Lega, il Rassemblement National francese di Marine Le Pen, l’austriaco Fpoe e l’ungherese Fidesz di Viktor Orban, va ben oltre il pur rilevante  peso numerico rappresentato dalla somma dei 115 deputati presenti a Strasburgo, espressione delle diverse forze “patriottiche”. E’ un atto culturale e politico intorno al quale può nascere un progetto valoriale e programmatico in grado di innervare una nuova stagione europeista.

Stridono perciò le parole del segretario del Pd, Enrico Letta, che – senza entrare nel merito dell’ “Appello” –  si è  subito scagliato  contro il leader della Lega, Matteo Salvini,  sottolineando  che “non si può stare allo stesso tempo con l’europeismo e con Orban. Non si può essere sostenitori insieme di Draghi e di Orban”.

Il tema non è essere pro o contro il Governo Draghi. La questione è oggettivamente un po’ più complessa. E riguarda il senso dell’essere europei, le ragioni di un’appartenenza che va ben oltre i trattati, le politiche economiche, le modalità d’intervento a sostegno dei singoli Stati.

Non si può negare – come si legge in apertura dell’”Appello”  – che una “ … serie di crisi che hanno scosso l’Europa negli ultimi dieci anni hanno dimostrato che la cooperazione europea sta vacillando, soprattutto perché le nazioni si sentono lentamente spogliate del loro diritto ad esercitare i loro legittimi poteri sovrani”. Da qui la necessità, per l’Unione Europea” “di una profonda riforma perché oggi, invece di proteggere l’Europa e il suo patrimonio, invece di permettere il libero sviluppo delle nazioni europee, sta diventando essa stessa una fonte di problemi, preoccupazioni e incertezza”.

L’obiettivo allora non è  distruggere l’Unione europea, al contrario. I firmatari ritengono, piuttosto,  necessario che la cooperazione Ue “si basi sulle tradizioni, sul rispetto della cultura e della storia degli Stati europei, dell’eredità giudaico-cristiana” e sui valori della “famiglia e dell’unità delle nazioni”. Un messaggio essenziale ed un atto significativo, sintesi di principi non negoziabili, che possono rappresentare un passaggio importante per un nuovo, più solido processo d’integrazione continentale. Non è del  resto una novità  il richiamo alle radici giudaico-cristiane dell’Europa. 

Alcide De Gasperi, uno dei padri dell’integrazione europea, sottolineava come   la vera funzione dell’Europa fosse politica, morale e spirituale:  “un’Europa della civiltà cristiana. Cristiane – sosteneva De Gasperi – sono le radici culturali dell’Europa”. Identici i  richiami di  Adenauer e Schuman. Lo stesso richiamo fu oggetto di un acceso confronto, tra il  2003 ed il  2007,  in sede di stesura/approvazione della Carta Costituzionale Europea, ma non se ne fece nulla.

Riportare certi richiami di fondo al centro dell’attenzione delle opinioni pubbliche europee e delle rispettive classi dirigenti è dunque tutt’altro che una battaglia di retroguardia. Tracciare confini, porre discrimini valoriali vuole dire piuttosto tentare di alzare il confronto sull’essenza e la natura del processo d’integrazione continentale, sui suoi valori fondanti e sui temi all’ordine del suo futuro.

“Nazioni”, “tradizioni”, “famiglia”, “religioni”, “popoli” non sono solo  affermazioni di principio, ma temi forti intorno ai quali articolare modalità d’intervento (contro – come si legge nell’”Appello” – “la violenta imposizione della volontà di entità politicamente più forti su quelle più deboli”) nel segno di un rafforzamento dello  spirito di comunità e amicizia, che continua a  pervadere le nazioni e le società del nostro continente.

L’Europa è una questione troppo importante per essere lasciata in balia degli spread, dei tecnocrati, del Superstato europeo livellatore.

C’è piuttosto un’Europa da declinare a livello popolare (in particolare giovanile), un’Europa da rivendicare con orgoglio per le sue tradizioni,  volano di un nuovo Universalismo. Ben venga allora l’”Appello per il futuro”, primo passaggio di una più forte alleanza continentale e punto di riferimento per chi voglia guardare all’Europa con speranza autentica, proprio perché fondata su millenni di Storia, di Cultura, di Valori fondanti. Un’altra Europa è possibile, basta crederci ed impegnarsi di conseguenza.