Conquistando lo 0,9 per cento, il Pil italiano risale appena al di sopra del livello registrato nel 2000. Una crescita che, per il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, “c’è ma, paragonata al contesto europeo, diventa apparente”.

Francesco Paolo Capone

Francesco Paolo Capone

L’ ‘apparenza’ risalta anche agli occhi del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che parla di “crescita ancora troppo lenta, come prima della crisi. Per creare occupazione e benessere dobbiamo liberare energie realizzando riforme”. “Siamo d’accordo con il ministro Padoan – commenta il leader dell’Ugl -, servono riforme purché siano diverse da quelle fatte fino ad oggi e purché siano condivise con il maggior numero di corpi intermedi”.
La debolezza della crescita rilevata dall’Istat emerge anche dalla lettura più approfondita dei dati: nonostante la leggera accelerazione del Pil rispetto al 2015, il rapporto debito/Pil è in aumento e si attesta nel 2016 al 132,6% rispetto al 132,0% dell’anno precedente. Segnale di una zavorra che continua ad ancorare il Paese al fondo, impedendo di prendere la rincorsa verso la ripresa.
Anche la spesa per i consumi delle famiglie residenti in Italia, pur crescendo dell’1,3%, è in rallentamento rispetto al +1,5% del 2015. Aumentano gli investimenti fissi lordi (+2,9%), ma anche la spesa delle Pubbliche Amministrazioni. Cala la pressione fiscale, ma di appena 0,4 punti percentuali, restando quindi a livelli considerevoli rispetto al panorama europeo (42,9% del Pil) e in rapporto alla qualità dei servizi.
“Come nei periodi di emergenza – sottolinea Capone – e quello che stiamo vivendo lo è, se si considera la bassa crescita, la contrazione dei consumi e quasi metà della popolazione che non versa l’Irpef, o per povertà o per evasione, occorre una ‘chiamata alla armi’ di tutti coloro che rappresentano interessi nella società e nell’economia, coinvolgendoli intorno ad un progetto che abbia come unico obiettivo la crescita e lo sviluppo del Paese”.
“Dalla concertazione di Ciampi alla disintermediazione di Renzi – conclude Capone – esiste una via di mezzo che in altri Paesi funziona bene e si chiama partecipazione, un modello di democrazia economica praticato nelle aziende, che ben si potrebbe applicare anche per una fattiva collaborazione tra istituzioni, corpi intermedi e territori per il bene dell’intera collettività”.