di Annarita D’Agostino

Troppo poveri o tanti evasori? E’ la domanda che viene in mente esaminando i dati diffusi dal ministero dell’Economia e delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi 2015. Il 45% dei contribuenti, infatti, ha dichiarato di percepire redditi sotto i 15.000 euro, a fronte del 49% che versa tra i 15.000 e i 50.000 euro. In aumento, ma al 5,2%, la percentuale di coloro che dichiarano più di 50.000 euro e, per l’imposizione fiscale progressiva, versano il 38% dell’Irpef totale. I ‘Paperoni’ italiani dichiarati sono invece 34mila, pari allo 0,1%.
Sono dunque quasi 10 milioni i soggetti che non versano l’imposta sulle persone fisiche, e se a questi si aggiungono quelli la cui imposta netta è compensata interamente dal bonus di 80 euro, la quota degli esentati sale a 12,2 milioni. Ma, per chi la paga, l’imposta netta Irpef è salata: in media, il contribuente italiano ha versato allo Stato 5.020 euro, il 2% in più rispetto al 2014. Inoltre, circa 966.000 lavoratori hanno dovuto restituire integralmente il bonus in sede di dichiarazione, e 765.000 parzialmente.
Come se non bastasse, continuano ad aumentare le addizioni regionali e comunali, che segnano rispettivamente +4,1% e +5% rispetto al 2014. Con una raccolta totale di 11,8 miliardi di euro, l’imposta regionale è stata in media di 400 euro, a fronte dei 380 dell’anno precedente. A causa degli automatismi fiscali previsti in caso di deficit sanitari, i valori più alti si registrano nel Lazio (620 euro) e in Piemonte (510 euro), mentre i più bassi si rilevano nella provincia autonoma di Bolzano (230 euro) e nelle regioni Basilicata e Sardegna (270 euro). L’addizionale comunale ammonta invece complessivamente a 4,7 miliardi di euro, con un importo medio pari a 180 euro, che varia dal valore massimo di 250 euro nel Lazio al valore minimo di 60 euro nella Provincia autonoma di Bolzano.
Se si considerano i redditi da lavoro e da pensione, l’analisi del Mef è una fotografia nitida delle disparità e difficoltà economiche che caratterizzano il tessuto sociale del nostro Paese. Le pensioni sono in media inferiori di quasi un quinto rispetto ai redditi complessivi, con una media di 16.870 euro contro 20.690 euro. I redditi dei lavoratori sono in diminuzione, sia per  i contratti a tempo indeterminato (-1,3% rispetto al 2014), sia per il tempo determinato (-1,8% sull’anno); il reddito medio percepito dai lavoratori stabili (23.068 euro) è nettamente superiore a quelli derivanti da contratti a tempo determinato (9.633 euro). E stiamo parlando di cifre che, anche nell’ipotesi del tempo indeterminato, sono piuttosto modeste, a conferma del progressivo impoverimento generale di quella che un tempo era la ‘classe media’ italiana e che ora è sempre più risucchiata verso i gradini più bassi del tessuto sociale.
A fronte della flessione del reddito medio da lavoro dipendente (-0,2%) è invece notevole la crescita dei redditi d’impresa, che in media sono stati pari a 19.990 euro, con un incremento del 14,4% per la contabilità ordinaria e dell’ 8,6% per la contabilità semplificata. Crescono anche i redditi da lavoro autonomo (+7,6%), che in media sono quasi il doppio dei primi (38.290 euro). Un segnale che può essere interpretato in positivo, sia sul fronte della ripresa che, soprattutto, della lotta all’evasione fiscale. Il Mef specifica che i dati sono però influenzati dall’introduzione del regime forfettario per le partite Iva con dimensioni economiche ridotte, così come “il confronto tra le differenti categorie reddituali deve tener conto sia delle diverse norme fiscali per la loro determinazione sia delle singole peculiarità. In particolare, non è possibile dai dati pubblicati comparare il reddito degli imprenditori con quello dei ‘propri dipendenti’: la definizione di imprenditore non può essere assunta come sinonimo di ‘datore di lavoro’ in quanto tra gli imprenditori sono compresi coloro che non hanno personale alle loro dipendenze. Inoltre la categoria dei lavoratori dipendenti comprende sia coloro che prestano l’attività presso una ditta individuale che presso una società”.
Confermate dal report del Tesoro anche le disparità territoriali: “rimane notevole – dichiara il ministero – la distanza tra il reddito medio delle regioni centro-settentrionali e quello delle regioni meridionali”. La regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (24.520 euro), seguita dalla provincia di Bolzano (22.860 euro), mentre la Calabria ha il reddito medio più basso (14.780 euro).