di Annarita D’Agostino
Il voto in Gran Bretagna travolge i Tories e la Brexit. Con il mancato raggiungimento della maggioranza in Parlamento, la premier conservatrice, Theresa May, perde non solo la scommessa di rafforzare il suo partito con elezioni anticipate, ma anche quella di condurre le trattative per una ‘hard Brexit’ da una posizione di forza. E l’Europa ne approfitta subito, incalzando la Gran Bretagna quando ancora lo spoglio deve terminare, anche se ormai l’esito è scontato: il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, si augura che il risultato delle elezioni britanniche non causi “ulteriori ritardi” nelle trattative per la Brexit. “Ci sarà senza dubbio un impatto sullo spirito dei negoziati, sul dato politico” ammette Pierre Moscovici, commissario europeo agli affari economici e finanziari, “ma l’apertura dei negoziati non è in discussione”. “Fate del vostro meglio per evitare un ‘non accordo’ come risultato di ‘mancati negoziati’” esorta il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk.
A mettere il carico da novanta, il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani: “La sterlina va giù, gli inglesi, e in particolare i giovani, sono preoccupati per gli effetti dell’uscita dall’Ue: rispetto le decisioni popolari ma la Brexit non è stata portatrice di effetti positivi né è stata una panacea” per i problemi del Paese. Insomma, un po’ ‘ve l’avevamo detto’, ma ora ‘the show must go on’: “Le cose potrebbero cambiare solo se la Gran Bretagna ritirasse la richiesta di applicazione dell’articolo 50”, conclude Tajani. Un’ipotesi che, al momento, appare come pura fantasia. “I negoziati sulla Brexit dovrebbero partire quando il Regno Unito è pronto. Calendario e posizione Ue sono chiari. Concentriamoci tutti sul raggiungere un accordo” scrive il capo negoziatore della Ue sulla Brexit, Michel Barnier, in un tweet.
Forte di un esito elettorale che rafforza la posizione europeista, l’UE non consentirà alla Gran Bretagna di venire meno alle responsabilità assunte. Il premier May ha dichiarato che il Partito Conservatore “farà il suo dovere qualunque sia il risultato” finale delle elezioni, ma le fratture interne e le prime, seppur velate, richieste di dimissioni, anche fra i Tories, uniti a quella che alcuni hanno definito l’ ‘inattesa resurrezione’ del Labour di Jeremy Corbyn, e alle dimissioni del leader Ukip per il pessimo risultato elettorale, mostrano la complessità della posta in gioco. Intanto, in panchina, a guardare altri giocare una partita sul proprio futuro, restano i milioni di cittadini europei, e di italiani, che ancora una volta rischiano di essere penalizzati da decisioni prese per scopi politici che nulla hanno a che fare con interessi veramente ‘comunitari’.