di Caterina Mangia

Sono sempre di più gli under 30 che beneficiano di Garanzia Giovani.
Secondo un report del ministero del Lavoro, al 30 marzo le prese in carico sono aumentate del 57,3 per cento rispetto alla conclusione della “fase 1” del programma, avvenuta il 31 dicembre 2015: il dato riguarda 904.491 persone . Un trend di crescita più consistente riguarda anche il numero di giovani a cui è stata proposta almeno una misura del programma: sono 478.462, l’88,2 per cento in più rispetto all’ultimo giorno del 2015 e 7.459 in più rispetto alla scorsa settimana.
Il progetto piace inoltre a sempre più giovani: rispetto alla chiusura della “fase 1”  le utenze al 30 marzo sono incrementate quasi del doppio (44,2 per cento) e rispetto a una settimana fa sono aumentate di 7.196 unità. In tutto, le registrazioni riguardano 1.318.355 persone, ma al netto delle cancellazioni il numero scende a 1.132.379.
Anche il progetto formativo “crescere imprenditori” va avanti, con 2.781 giovani che al 29 marzo hanno superato il test online di valutazione delle capacità imprenditoriali e potranno partecipare al progetto di training  relativo alla stesura del businessplan.
Inoltre le nuove generazioni confermano il proprio interesse alla tecnologia: il progetto “crescere Digitale”, che offre 50 ore di formazione online, ha raccolto 91.272 iscrizioni.
Resta il fatto che la disoccupazione giovanile registra ancora cifre drammatiche, e che il numero assoluto degli inattivi parla di una realtà sociale ancora in grande sofferenza, in cui il grande “gap” tra le generazioni resta abissale: un recente studio presentato alla Luiss  dalla fondazione Bruno Visentini rivela che un ventenne nel 2020 raggiungerà l’indipendenza solo a quarant’anni e nel 2030 raggiungerà l’autonomia a cinquanta anni.
Il timore dunque è che i numeri di Garanzia Giovani producano un mero effetto statistico volto a creare l’impressione che, con la diminuzione del numero degli inattivi, il mercato del lavoro si sia rimesso in moto; la realtà invece è che il progetto non rappresenta una soluzione vera e propria alla disoccupazione, ma è una sorta di limbo, di “parcheggio” in cui sostano persone il cui futuro si profila, purtroppo, ancora incerto e preoccupante.