di Mario Bozzi Sentieri

Il 15 dicembre 1906 veniva pubblicato, a Lugano, il primo numero di “Pagine Libere – Rivista quindicinale di politica, di scienza ed arte”. Artefice dell’iniziativa Angelo Oliviero Olivetti, storica figura di intellettuale e di sindacalista rivoluzionario. A poco più di centodieci anni dall’uscita della rivista, ci piace ricordarne la lunga e tormentata esistenza, per il suo valore emblematico oltre che strettamente culturale. In “Pagine Libere” prendono infatti corpo e vengono variamente declinati due valori essenziali della nostra identità sociale: l’attualità dell’idea sindacale (nel duplice aspetto del sindacalismo “teorico” e di quello “pratico”)  ed il sentimento nazionale. Al fondo la presa di coscienza rispetto alle “derive” parlamentaristiche, manifestate, agli inizi del ‘900,  dal socialismo riformista, e la volontà di ricomporre su nuove basi la rappresentanza democratica, attraverso l’associazione di mestiere, di rimotivare i lavoratori attraverso il mito dello “sciopero generale”, di costruire una nuova avanguardia sociale e politica.
Di queste volontà “Pagine Libere” fu la serra calda, nella quale si incontrarono  la migliore cultura dell’epoca ed i nomi più significativi dell’attivismo sindacalista-rivoluzionario, tra tutti Filippo Corridoni ed Alceste de Ambris.
Ben sette le serie uscite nel corso dei decenni, a coprire, di volta in volta, le domande di una realtà politica e sociale in continuo mutamento: l’appello all’avanguardia, giovane e polemica della prima serie (1906-1911); l’azione sindacale in senso stretto, poi spezzata dai dissensi interni provocati dalla Guerra di Libia (1911- 1912); la stagione interventista (1914-1915); la fase post bellica, con il sindacalismo nazional-rivoluzionario impegnato a realizzare – su nuove basi – l’edificio sociale (1920-1922); la ricostruzione post 1945, con i richiami ai principi essenziali di un’organizzazione dello Stato, su base sindacal-corporativa, con il sindacato concepito come corpo sociale intermedio tra l’individuo e lo Stato, non più e non soltanto  ente economico, ma  ente economico, politico e morale al tempo stesso (1946-1952); il confronto sulla crisi del sistema rappresentativo a base partitica, con la richiesta della riforma dello Stato (“attraverso un ordinamento di diritto dei partiti politici e delle organizzazioni sindacali”) e del riordino della realtà economica, attraverso la “coesistenza” organica d’iniziativa privata e di settore pubblico (1956-1959); fino all’ultima serie (1988-1997), edita dalla Cisnal, sotto la direzione di Ivo Laghi e di Marcello Veneziani, il quale  sintetizzava  il programma di “Pagine Libere di Azione Sindacale”  ponendo  l’accento sulla necessità di avviare la ricerca di una “via italiana alla modernizzazione”, in grado di difendere e promuovere l’identità culturale, nazionale e popolare, di valorizzare le energie intellettuali e produttive del nostro Paese, di definire “la linea di una cultura sociale profondamente italiana ed europea”. Veneziani faceva appello   ad una sorta di “trasversalismo” culturale, su cui costruire una risposta alla crisi dei partiti e del vecchio sindacato: “Pagine sarà una rivista di confine, rivolta a comporre un arcipelago di anime vive che si ritro­vano sparse nel mondo della cultura, nella società, nella politica; nel mondo più vicino alla tradizione del sindacalismo rivoluzionario e nazionale; nel mondo cattolico più vicino alla dottrina sociale recente­mente rivivificata da Giovanni Paolo II; nel mondo defluito della sini­stra e dal socialismo, più attento ai temi della nazione e lontano ormai dal marxismo, dall’internazionalismo, dal laicismo, dal positivismo; fino ai movimenti più sensibili al problema ecologico, al risveglio del sacro e delle identità, ai diritti civili e sociali”.
Qual è il dato di fondo di questo nostro, inevitabilmente sintetico, “ricordo” ? A centodieci anni dalla sua prima comparsa, “Pagine Libere” conserva incorrotto il suo fascino di esperienza “di rottura”, rispetto alle vecchie schematizzazioni ideologiche tardo ottocentesche, e di ricomposizione creativa.
“Lo Stato non si distrugge, si conquista” – dice il motto corridoniano, facendo intravvedere la strategia di un sindacalismo che, giorno per giorno, costruisce all’interno del sistema borghese il contropotere del mondo del lavoro, per prepararsi ad assumere le proprie responsabilità, a partire dalle aziende fino  al più generale orientamento delle scelte politico-sociali. Nel mutare dei tempi e delle condizioni, la Storia di “Pagine Libere” ci dice che la sostanza di certe lotte rimane, in fondo,  sempre la stessa.