di Nazzareno Mollicone

Il recente caso dello sciopero dei tassisti contro la possibile apertura da parte del Governo all’introduzione anche in Italia dei servizi dell’Uber (sistema di applicazioni elettroniche in base al quale chiunque può improvvisarsi tassista) ed altri analoghi casi in cui chiusure o trasferimenti all’estero di aziende, con conseguenti licenziamenti dei lavoratori addetti, vengono indicati dai media di orientamento “liberale” (pressoché tutti ormai) come una difesa dei consumatori i quali – secondo questa interpretazione – potranno così avvalersi di servizi a costi inferiori rispetto a quelli regolamentati od applicati.
In tal modo, si sta surrettiziamente suscitando una “guerra tra poveri”, ossia tra i lavoratori oggetto di queste “liberalizzazioni” ed i cittadini-consumatori (categoria generica ed omnicomprensiva) indotti a sostenere psicologicamente questa tesi con la prospettiva di “risparmiare”. Fra l’altro, questo tipo di “guerra” è già avvenuta e sta avvenendo nell’ambito del commercio al minuto: prima i “supermercati” (che in Italia, tranne poche eccezioni, sono di proprietà straniera) hanno quasi del tutto eliminato drogherie, panetterie, fruttivendoli; poi, la diffusione incontrollata dei venditori ambulanti (prevalentemente stranieri e spesso abusivi senza permessi) sta eliminando mercerie e bigiotterie mentre quelli che sono dotati di permessi regolari con pagamento di tasse ed imposte (che sono ormai una minoranza) devono combattere per non essere anch’essi “liberalizzati” dalla famosa direttiva europea denominata “Bolkenstein” dal nome del suo proponente.
Ma è proprio vero che questo tipo di “liberalizzazioni” – regolamentata o meno che sia – poi comporti effettivamente la riduzione dei costi ai “consumatori”?
Intanto, vediamo i risultati degli esempi italiani. Le tariffe elettriche e telefoniche, a suo tempo stabilite dallo Stato nell’ambito dei cosiddetti “prezzi amministrati”, ora sono una giungla nel cosiddetto “libero mercato”, con i “consumatori” soggetti a pressioni quotidiane per cambiare gestore con il miraggio di prezzi più bassi in seguito fittiziamente aumentati e gravati di oneri incomprensibili. E vi ricordate della benzina? Anch’essa aveva dei prezzi fissi, adesso c’è una miriade di prezzi stabiliti dai singoli distributori.
Ricordiamo le tariffe assicurative auto. Qualcuno ha riscontrato, dall’abolizione delle tariffe “amministrate” – che erano stabilite da un’apposita commissione tecnica ministeriale composta da professionisti ed esperti e che procedeva ad attento esame delle proposte, ascoltando anche le opinioni proprio degli utenti – qualche vantaggio in termini di costo e soprattutto di servizi? Vengono più ascoltati gli assicurati da qualcuno? Il bilancio degli ultimi vent’anni e più di “liberalizzazioni” ci sembra negativo sia in termini economici sia per la costituzione di “cartelli” ed oligopoli i quali determinano essi, e non più lo Stato, i costi dei servizi per l’utenza.
La vera questione, dal punto di vista sindacale, è un’altra. In questo tipo di “liberalizzazioni”, come quella dei tassisti, indubbiamente ci rimettono in termini di occupazione o di reddito i lavoratori addetti: ma ci domandiamo, non sono anch’essi “consumatori”? Non si alimentano, non si vestono, non usano luce e telefono, non hanno autovetture e quant’altro? Ma se non hanno più lavoro, od hanno un reddito inferiore, come fanno a fare i consumatori? Ne deriva che questa parte di consumatori non è tutelata proprio nella sua possibilità di risparmio e di “consumo”, addirittura ne viene esclusa perché ricacciata nell’ambito dei “poveri” in crescente aumento.

Noi pensiamo che i consumatori (ed a questo proposito bene ha fatto l’UGL a costituire proprio un organismo di rappresentanza e di difesa) debbano essere certamente tutelati nei costi che sostengono, nei servizi che ricevono, nella possibilità di libera scelta che dovrebbero avere. Ma questo è un compito primario dello Stato, con i suoi appositi organi di controllo: che però debbono essere effettivi e tempestivi, non come quelli esistenti tipo l’Agcom, l’Agenzia per la privacy, l’Antitrust, l’Ivass, l’Agenzia per l’energia elettrica ed il gas) e di regolamentazione. E che dire della “Banca d’Italia”, che non ha vigilato sulle banche e sugli inganni effettuati nei confronti dei risparmiatori che adesso devono addossarsi i costi dei fallimenti?
Purtroppo così non è, perché lo Stato che abbiamo – fra l’altro anche in violazione della Costituzione, che all’art. 41 prevede che l’iniziativa privata è libera ma “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale…l’attività economica deve essere indirizzata e coordinata a fini sociali”, è ormai chiaramente uno Stato d’impronta liberale, che sta applicando sempre più il principio ottocentesco del “laissez faire, laissez aller” che le rivoluzioni del Novecento avevano sconfitto.
Invece, il Governo con le sue decisioni a favore solo di una parte, quella delle multinazionali o degli oligopoli, sta provocando artificiosamente una “guerra tra poveri”, spingendo i cittadini contro i lavoratori che protestano per la difesa del loro diritto ad esercitare una professione od un servizio regolamentato.
Infine, c’è un’ultima considerazione da fare: perché queste multinazionali e gli oligopoli, entrambi mostri creati dalla globalizzazione, spingono tanto per queste ”liberalizzazioni”?
Perché vogliono creare un’umanità del tutto omogenea, priva di distinzioni, priva di individualità che mangi quello che loro decidono e vendono nei supermercati (spesso d’incerta origine e composizione), si vesti secondo modelli di abbigliamento standard, arredi la casa con i mobili prefabbricati da “Ikea” e simili, usi lo stesso telefono cellulare in tutto il mondo, guardi gli stessi programmi alla televisione, e via dicendo: insomma, con la scusa della difesa del consumatori vogliono quell’”uomo ad una dimensione” descritto dal filosofo Herbert Marcuse all’epoca dell’inizio della contestazione giovanile del 1968 (che poi degenerò, ma questo è un altro discorso).
In conclusione, il Sindacato deve difendere insieme i lavoratori nella loro occupazione, professionalità e reddito, ed i consumatori: ma non opponendoli ai lavoratori di questo o quel servizio, bensì agendo contro i “venditori” di beni e servizi, che spesso mascherano inganni e maggiori costi occulti.