di Marco Colonna

“Le clausole di salvaguardia non scatteranno e non ci sarà nessun aumento dell’Iva”, e ancora : “con il mio governo l’aumento dell’Iva non è mai avvenuto”. Parole del premier Matteo Renzi e musica dolce per le orecchie degli italiani. Se non fosse che si tratta dell’ennesima promessa del premier piddino che sarà presto disattesa.
I rincari dell’imposta sul valore aggiunto, con il 2017 alle porte, slittano soltanto di un anno 2018,  quando avremo nel 99% dei casi un aumento dell’Iva ordinaria dal 22% al 25% e di quella agevolata dal 10% al 13%, con un +0,9% (25,9%) nel 2019. Come prevede, nero su bianco,  la bozza  della legge di Bilancio elaborata dal governo Renzi e già inviata al Quirinale, con la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato.

La scelta del 2018 da parte del presidente del consiglio,  Renzi,  non è casuale: in quell’anno, se la maggioranza Pd-Centristi non imploderà prima , riuscirà ad evitare lo scioglimento anticipato delle Camere e arriverà a scadenza naturale , dovrebbe finire la legislatura in corso.
Il premier si è semplicemente limitato, nel breve termine, a “simulare uno stop ai rincari” – anche in vista del referendum del 4 dicembre per non irritare troppo i cittadini/consumatori che dovranno recarsi alle urne e  decidere le sorti della Riforma Costituzionale –  ed ha soltanto rinviato di pochi mesi l’ aumento automatico delle aliquote Iva  che scatteranno a garantire la tenuta dei conti pubblici, pesante eredità per il prossimo Parlamento.

Conti pubblici messi già a rischio: per l’incapacità dei due “renziani” Yoram Gutgeld e Roberto Perotti (che hanno preso il  posto di Carlo Cottarelli) di far decollare il piano della spending review; a causa delle spese improduttive che con Renzi aumentano; e con gli effetti in termini di spesa che si profileranno a causa delle due  sentenze della Corte costituzionale che dichiarano illegittima la de-indicizzazione delle pensioni e sbloccano per il futuro l’aumento salariale del pubblico impiego per oltre tre milioni di persone.

E dire che poche settimane fa il viceministro all’Economia, Enrico Morando, aveva dispensato  ottimismo assicurando, addirittura, che il governo “avrebbe messo fine al problema delle clausole con i relativi aumenti Iva per i prossimi tre anni”.

Promessa che sarà difficile, se non impossibile, per  il governo Renzi mantenere  se non si troveranno le necessarie coperture.

Intanto, associazioni di consumatori protestano: l’aumento dell’Iva programmato al 2018, oltre a causare pesanti ripercussioni sulle scelte e sui comportamenti delle famiglie, getterà infatti gravi ombre sullo sviluppo economico.  Sommando le ricadute economiche dirette e indirette dell’aumento dell’Iva si avrà un aggravio di 782 euro annui a famiglia. Ed anche Confcommercio nazionale è preoccupata del previsto aumento dell’Iva  che si rifletterebbe sui conti di centinaia di migliaia di commercianti preoccupatissimi dell’effetto depressivo che una misura del genere potrebbe scatenare sulla già debolissima domanda interna e sui consumi in generale. Il presidente dell’associazione, Carlo Sangalli,  ha ricordato che l’aumento dell’Iva: “sarebbe una vera e propria mazzata per i consumi, un boomerang che ricadrebbe sulla testa di tutti e, per di più, in modo regressivo, penalizzando soprattutto le famiglie più povere”.