La voce di Vera Squatrito trasmette tanta forza. La stessa che sua figlia Giordana ha avuto nel momento in cui ha saputo opporsi al compagno che le aveva chiesto di abortire. La stessa forza che, negli anni a seguire, le ha permesso (precisamente nel 2013) di denunciare lo stesso uomo che, diceva di amarla, per stalking. Ma a volte coraggio mescolato a forza non bastano a frenare possessione e rabbia. Come nel caso di Giordana Di Stefano uccisa, dal suo uomo, all’eta’ di venti anni. Quarantotto coltellate. Nessuna speranza per quel corpo trafitto e devastato dalle lame.

Perché lui diceva di amarla. Ma, chi ti perseguita, chi è ossessionato e cerca di annullarti come donna, come madre, non può nemmeno immaginare cosa possa essere l’amore. Una forza che non piega ed umilia, ma protegge ed accudisce.
E’ un fiume in piena Vera quando parla di Giordana. “E’ come se oggi, come ogni giorno della mia vita, fosse lei a parlare. Non mi ha mai lasciata, anche se da 10 mesi non è più qui con noi. I miei occhi sono i suoi, la mia bocca, il mio cuore, le parole che pronuncio rappresentano Giordana. E’ lei la mia forza, colei che mi chiede di portare avanti questa battaglia. Una battaglia da vincere insieme per le tante “Giordana” uccise in modo ignobile, affinché si inizi concretamente ad applicare l’ergastolo per chi commette simili reati. Chi rovina ed annienta la vita altrui non ha il diritto agli sconti di pena e ne’ a lunghe attese per una condanna. Come nel caso dell’ex compagno di mia figlia”.
Vera non pronuncia mai, durante questa lunga conversazione, il nome dell’assassino. Tiene una dignitosa distanza. Perché nel momento in cui lui ha compiuto quel gesto si è annullato come essere umano. Perché un uomo, un padre non può essere definito tale se commette simili azioni.
Giordana durante questa intensa intervista era davvero con noi. Quando Vera racconta degli ultimi giorni di vita della sua piccola ricorda ogni dettaglio, ogni indizio e, la sera della sua scomparsa da Nicolosi (Catania) quel maledetto 6 ottobre del 2015, ha subito pensato: “me l’ha uccisa lui”. E cosi e’ stato. Giordana, quella sera era andata a lavoro, in una ludoteca. Spesso, quando poteva, portava anche sua figlia con se’. “Quella sera, però, fui io ad insistere di lasciarla a me  – precisa Vera –  Forse in cuor mio sentivo già qualcosa”. Dal 2013, anno della denuncia per stalking, per Giordana è iniziato un calvario di persecuzioni e minacce. “Molte cose, poi le ho scoperte dopo, non mi diceva tutto. Non voleva farmi preoccupare. Ricordo ancora quel giorno, un lungo abbraccio, il nostro ultimo caloroso saluto. Chi avrebbe mai potuto immaginare che quel “Ciao, a stasera” sarebbe diventato un addio. Per tutta la notte, non avendo notizie sul suo rientro, provai a chiamarla fino a scaricare il mio cellulare. Il giorno dopo il suo corpo e’ stato rinvenuto ad un chilometro da casa mia.
All’inizio quel ragazzo era dolce e carino. Chi avrebbe mai potuto immaginare che si trasformasse in una bestia“.
L’incontro di sua figlia, appena quindicenne, con l’uomo che le ha strappato la vita, avvenne nel 2010. Dopo pochi mesi lei rimase incinta. E lui non accettava quella gravidanza. “Ma mia figlia – racconta Vera –  si oppose e, dopo 9 mesi nacque Asia, la mia dolce nipotina, che oggi ha 5 anni ed e’ orfana. Di entrambi i genitori, sì perché quel padre non l’ha mai amata. Ma Asia non è sola. Vive con me, ha una famiglia. Saremo noi la sua forza”. 
“I nove mesi di gravidanza, mia figlia, li ha vissuti con il calore e l’affetto della sua famiglia. Ma lui, che non riesco nemmeno a definire uomo visto il vile e cruento gesto che ha avuto il coraggio di compiere, e ne sono certa, premeditandolo, era impegnato ad vivere la sua di vita, tra divertimenti e donne. Mia figlia ha resistito perché lo amava. Ma poi si è resa conto che quella non era vita. Così lo ha lasciato. Ma lui non ha accettato il suo allontanamento e l’ha uccisa”.

Anche lui diceva di amarla. Ma quarantotto coltellate sono paragonabili ad un gesto d’amore? “Mia figlia e’ morta dissanguata, le ha sfregiato il viso, l’ha colpita su tutto il corpo….perché o sei mia o di nessun altro”.
Ha avuto modo di incrociare lo sguardo di quell’uomo, se avesse la possibilità di dirgli qualcosa…
“Indifferenza. Nessuna parola o frase potrebbe vendicare la morte di mia figlia. Il male che e’ stato fatto a lei e a mia nipote è indescrivibile, non ha né peso nè forma, ma pesa come un macigno sulle nostre vite. Lui, quel maledetto martedi’ del 6 ottobre del 2015 ha ucciso Nicolosi, la famiglia di Giordana, i suoi amici. Merita solo l’aggravante per il reato di stalking (processo che va ancora avanti in contemporanea a quello di omicidio) e l’ergastolo. Ecco non servono parole, lo Stato deve agire. Solo quello, forse, ci darà un po di sollievo”.
Ieri sera e’ stata una delle protagoniste del convegno promosso dall’Ugl Catania in apertura di un’iniziativa di respiro nazionale promossa dall’Enas: “Causa del decesso: lasciata sola”. Quanto sono importanti le campagne di prevenzione e sensibilizzazione.
“Tanto. E’ vanno portate avanti con coraggio ed impegno. Non solo per ricordare chi, come Giordana, nonostante le denunce non ce l’ha fatta, ma per dare coraggio a tutte le donne affinché trovino il modo giusto per scappare, per non lasciarsi sottomettere da un marito, da un compagno o fidanzato padrone. Servono però validi punti di riferimento sul territorio. A partire dai centri anti violenza che nel nostro Paese sono l’anello debole del sistema. Molti sono stati già chiusi per mancanza di fondi. E si trovino allora, queste risorse. Il Governo faccia qualcosa di concreto. Denunciare non basta, una donna che denuncia e’ una morte annunciata. Lo Stato ha il dovere di agire, senza aspettare che altro sangue macchi delle vite. Penso sopratutto ai figli delle vittime. I bambini, il peso che per tutta la vita porteranno sulle loro spalle. 
Lotterò senza sosta affinché Giordana possa riposare in pace ed avere la giustizia che merita.  A dieci giorni dalla sua scomparsa mi mobilitai per una petizione che, ancora tutt’ora, può essere sottoscritta su www.change.org. Ad oggi abbiamo raggiunto 72mila firme ma, servono altre affinché il Governo capisca che l’ergastolo è l’unica condanna che va inflitta a chi distrugge una vita”.

Cosa ne pensa del termine femmincidio?

“Tutti si rifiutano di pronunciare la parola femminicidio. Ma è il termine più adatto perché, meglio identifica il senso profondo e crudele di questo reato che comprende uccisione, persecuzione, maltrattamenti ed umiliazioni continue. Femminicidio significa ‘accanirsi’ contro una donna, tentare di annullarla, uccidendola, in molti casi, tre volte: quando si tenta di annullarla come persone tenendola prigioniera di una vita/non vita, quando la si uccide materialmente, quando non arriva una giusta condanna per l’aguzzino. In questa terza fase muoiono anche i valori”.