“Siamo davanti a scelte del Governo che non danno risposte, soprattutto alle donne e ai giovani in cerca di lavoro”.
Commentando le stime dell’Istat sulla disoccupazione, il segretario confederale dell’Ugl Fiovo Bitti va dritto a uno, anzi a due punti: il mondo del lavoro presenta numeri drammatici per quanto riguarda i giovani e le donne. I dati diffusi oggi rivelano infatti che il tasso di disoccupazione dei giovani è salito ad aprile al 36,9 per cento, con un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto a marzo. Non meglio per le donne: la stima dei disoccupati ad aprile sale dell’1,7 per cento, per un aumento di 50mila unità e tale incremento è attribuibile al dato femminile (+4,2 per cento, pari a 56.000 disoccupate in più), mentre gli uomini registrano un calo dello 0,4 per cento, pari a 6.000 disoccupati in meno.
Contemporaneamente all’aumento della disoccupazione si registra un incremento degli occupati di 51mila unità su marzo, che ha provocato annunci trionfalistici – Disoccupazioneper il premier Matteo Renzi i dati sul lavoro sono “i più alti degli ultimi quattro anni” -, tuttavia con 2.986.000 inoccupati la situazione può definirsi tutt’altro che rosea.  Per Bitti, “da un lato la precarietà introdotta dal Jobs Act, dall’altro la forte dose di incentivi a pioggia, adottati dal governo con la Legge di Stabilità dello scorso anno ed in misura minore con quella per l’anno in corso, hanno appena scalfito il muro rappresentato dall’enorme numero dei disoccupati in Italia, che continuano pericolosamente a rimanere intorno alla soglia di tre milioni di unità. Tutto questo mentre in Germania si registra il nuovo minimo record del tasso di disoccupazione”.
In effetti, parallelamente alla diffusione dei dati odierni da parte dell’Istat, l’Agenzia Federale del Lavoro ha reso noto che in Germania il numero degli inoccupati è sceso al nuovo minimo storico del 6,1 per cento e il numero dei senza lavoro cala di 11mila unità. L’auspicio di Bitti è che “Esecutivo ed imprese prendano coscienza di ciò, rilanciando gli investimenti produttivi e sostenendo concretamente l’avvio di relazioni industriali partecipative sul modello tedesco”.