di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Tra pandemia, crisi energetica e guerra in Ucraina, tutto è cambiato. O forse sarebbe meglio dire che certe dinamiche si sono fatte più chiare. Lo ha ricordato il ministro dell’Industria e del Made in Italy Urso, per spiegare i motivi della posizione contraria dell’Italia in Europa in merito allo stop alla vendita di veicoli di nuova immatricolazione a benzina o diesel dal 2035. «Credo che sia avvenuto qualcosa nel mondo, prima è avvenuta la pandemia, che ha rimesso in discussione alcune certezze come la sovranità nella produzione farmaceutica o nella catena delle filiere produttive, poi la guerra della Russia in Ucraina e gli Stati Uniti che hanno messo in campo una politica industriale che nessuno di noi poteva immaginare. E se gli Usa scelgono una strada molto forte a tutela della propria indipendenza, l’Europa non dovrebbe farlo? Io credo che dovremmo capire che il mondo è cambiato, quindi anche posizioni che precedentemente erano state assunte oggi devono essere riviste alla luce della realtà». Così il ministro, che ha anche affermato di vedere una consapevolezza sul tema che si sta diffondendo fra gli interlocutori europei. E infatti oggi, non a caso, si è deciso di rimandare la discussione nel Coreper sulla questione e di posticipare a data da destinarsi il voto finale del Consiglio, che era previsto per martedì. Un segnale importante, una vittoria italiana in Europa, ma soprattutto la crescita di un pensiero critico nei confronti di un percorso che sembrava segnato, ma che, a ben guardare, potrebbe portare l’Europa in un baratro e che rende necessario allora, se non fare un’inversione a U, quantomeno cambiare passo. Per chiarezza, si tratta anche in questo caso, come in moltissimi altri al centro del dibattito politico ed anche delle cronache, di una questione di sovranità. Ferme restando le buone ed anzi necessarie intenzioni di salvaguardare l’ambiente, il passaggio all’elettrico – e non anche, ad esempio, come dice lo stesso Urso, ad altre tecnologie green come i biocombustibili – in un modo fra l’altro piuttosto brusco, potrebbe concretamente significare non solo una profonda crisi dell’industria automobilistica europea e della relativa occupazione di fronte a competitor che sono più avanti nel settore, ma, e questo è ancora più pericoloso, renderebbe l’Europa, che con difficoltà si sta affrancando dalla Russia sull’approvvigionamento delle fonti energetiche, di nuovo dipendente dall’estero, stavolta da Pechino, nel reperimento delle materie prime necessarie a questa produzione, come litio e terre rare. L’Europa deve confrontarsi con un mondo nuovo in modo diverso e con nuove strategie, imparando dagli eventi del recente passato, abbandonando prese di posizione controproducenti e, nella migliore delle ipotesi, troppo ideologizzate, per fare finalmente squadra nel segno della sovranità, dell’indipendenza, della sicurezza del continente.