di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

L’attenzione dei cittadini, dei media ed anche della politica è concentrata su caro energia e guerra, ma non vanno messe in secondo piano le morti sul lavoro. Le bollette impazzite, impossibili da pagare per moltissime famiglie ed imprese, con a rischio la tenuta del nostro sistema produttivo, occupazionale e sociale. Poi – tema collegato – la guerra in Ucraina, che non accenna a trovare una soluzione, ed una situazione internazionale mai così tesa dalla fine della Seconda Guerra mondiale, con persino lo spettro sempre più tangibile dell’utilizzo delle armi atomiche. Di oggi le parole agghiaccianti del presidente Usa, Joe Biden: «Il mondo rischia l’Armageddon nucleare». Insomma, di urgenze di portata epocale da affrontare ce ne sono a sufficienza. Eppure i problemi nuovi, per quanto gravi, non cancellano quelli vecchi, ma anzi si sommano alle criticità annose e forse le peggiorano. Ad esempio, non è affatto migliorata la condizione dei nostri lavoratori in termini di salute e sicurezza. Le cronache lo testimoniano, con racconti a cadenza quotidiana di decessi ed incidenti nei luoghi di lavoro o in itinere, una vera e propria strage, sotto forma di stillicidio, troppo poco enfatizzata dai media e forse anche per questo non avvertita nella sua reale portata dall’opinione pubblica. Nella settimana che si sta concludendo si sono verificate nuove tragedie, andando ancora ad aumentare dati inaccettabili ed incontrovertibili: dall’inizio dell’anno sono state circa 600 le morti sul lavoro, 400mila le segnalazioni di infortunio. Tra i più colpiti i lavoratori anziani, che dovrebbero essere in pensione, quelli molto giovani e spesso precari, gli stranieri, frequentemente impiegati nelle posizioni lavorative meno tutelate. E domenica prossima, 9 ottobre, ricorrerà la 72esima giornata nazionale Anmil per commemorare le vittime sul lavoro, in una situazione che in Italia finora non accenna a migliorare e nella quale il calo di vittime degli scorsi anni è, purtroppo, semplicemente imputabile al Covid ed ai conseguenti blocchi totali o parziali delle attività produttive e non a condizioni di lavoro migliori. Che fare, quindi, per cambiare le cose? Le nostre risposte sono sempre le stesse: formazione e controlli, entrambi il più possibile capillari. Comprendendo le scuole e, con le vittime fra gli studenti nel corso dell’alternanza, è evidente come ce ne sia un gran bisogno. Un tema fondamentale, quello della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, che, nonostante le altre emergenze in corso, deve necessariamente essere messo in primo piano dal nuovo governo che a breve entrerà in carica. Se si intende avviare una stagione di maggiore dialogo con le Parti Sociali, come sarebbe auspicabile e come sembrerebbe dalle parole di Giorgia Meloni, il confronto dovrà riguardare anche soluzioni efficaci per garantire un lavoro finalmente sicuro.