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C.P.

“JobsAct, il lavoro non è una cosa per donne”. Questo il titolo del convegno che si è svolto oggi presso la Sala Aldo Moro della Camera dei Deputi, promosso dall’On. Mara Carfagna, responsabile dipartimento nazionale libertà civili e diritti umani di Forza Italia e dall’On. Renata Polverini, responsabile dipartimento nazionale politiche del lavoro e sindacali di Forza Italia.
Tanti gli ospiti presenti all’evento, moderato da Maria Antonietta Spadorcia, giornalista Rai, caposervizio redazione interni Tg2, e al quale ha portato i propri saluti l’On. Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia.  All’inizio del convegno, un minuto di silenzio per i circa  duecento migranti morti nel Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere l’Italia.
“Il Jobsact – ha dichiarato l’On. Polverini durante il suo intervento – non solo non crea nuovi posti di lavoro ma penalizza ulteriormente le donne tanto che la differenza tra i livelli occupazionali di uomini e donne è addirittura aumentata.” “Mai come ora – ha aggiunto – c’è l’assoluta necessità di avere un ministro delle pari opportunità che possa interagire con gli altri dicasteri e portare dalla parte delle donne strumenti utili e risorse quanto mai necessarie”.
Secondo l’On. Mara Carfagna, “l’Italia continua a non essere un Paese per donne. A fronte di un mercato del lavoro ancora in sofferenza, con una quota di occupati troppo bassa, il divario occupazionale tra uomini e donne continua ad essere troppo alto. È di venti punti percentuali la differenza tra tasso di occupazione femminile e quello maschile”. Davanti ad un quadro sempre più allarmante, ha aggiunto “servirebbe agire attraverso un Piano di Azione strutturale in grado di favorire quella crescita e quello sviluppo che servono a creare occupazione. Accanto a questo è necessario promuover azioni specifiche per favorire l’occupazione femminile attraverso una fiscalità di vantaggio, un potenziamento del welfare aziendale, la promozione di misure per aiutare le donne a conciliare vita lavorativa e familiare”.
Ad aprire i lavori del convegno è stata la presentazione della ricerca effettuata dall’Iper Ugl, Istituto per le ricerche economiche e sociali, sugli effetti del Jobsact sul lavoro femminile. La ricerca, illustrata dal presidente Stefano Cetica e che analizza le fonti statistiche più autorevoli sul lavoro (Eurostat, Istat, Ministero del Lavoro), mette in evidenza la costante difficoltà delle donne ad inserirsi nel mondo del lavoro ed impone una profonda riflessione sia sugli strumenti legislativi, sia sulla necessità di ripensare le attuali opzioni di welfare poco o nulla orientate alla famiglia e alle donne in particolare. image3Analizzando i dati sull’occupazione femminile, Cetica ha spiegato che “in nessun altro Paese d’Europa, Grecia inclusa, le donne vivono una condizione di disagio simile”. In particolare oltre ai dati relativi all’occupazione dell’Istat, secondo cui nel corso degli ultimi tre mesi del 2015 la crescita dell’occupazione ha riguardato quasi esclusivamente la componente maschile (+177 mila rispetto al IV trimestre del 2014), il cui aumento del tasso di occupazione è risultato pari ad oltre tre volte quello femminile (+1,1 punti in confronto a +0,3 punti), nello stesso periodo si osserva un calo del numero di donne in cerca di lavoro, maggiore di quello rilevato per gli uomini, che si accompagna ad un aumento dell’inattività femminile, rispetto a quella maschile. Stefano Cetica, durante l’illustrazione della relazione, ha evidenziato che “rispetto al 2014, le donne vedono diminuire complessivamente il numero di contratti avviati, a dimostrazione che i JobsAct non ha inciso per nulla anche da questo punto di vista”. E’ al Sud, però, che la situazione è più drammatica e si riscontrano, come ha ricordato, “i dati più allarmanti” in termini di disoccupazione femminile. Nel Mezzogiorno, infatti, sono inattive 61 donne su 100 tra i 15 e i 64 anni d’età. Poco meno di 40 su 100 nel Centro e nel Nord. Il JobsAct dunque non è stata una risposta e soprattutto in termini di diritti: “L’equazione che sostiene la riforma – ha spiegato Stefano Cetica -, ovvero meno diritti più lavoro, è eticamente insopportabile e tecnicamente insostenibile”.
Numerosi gli interventi al convegno tra cui quello di Maria Teresa Roghi, coordinamento donne Ugl, che ha sottolineato come “le misure del JobsAct non siano ne forti ne incisive” e che il sindacato più volte ha presentato al governo misure adeguate a favorire l’occupazione femminile ma “senza essere ascoltati”. Citando i dati della ricerca presentata, Roghi ricorda che è necessario “ora più che mai mettere in campo delle risposte concrete ed adeguate alle esigenze delle donne, soprattutto nel mondo del lavoro, cercando di conciliare i tempi di vita con quelli di lavoro e dando maggiori tutele e garanzie”. Questi sono alcuni dei motivi “che rendono ancor più necessario un ministero delle Pari Opportunità”.
Per Liliana Ocmin, responsabile dipartimento coordinamento nazionale Donne Cisl “bisogna ammettere che c’è stato un fallimento per quanto riguarda le politiche in favore dell’occupazione femminile, a partire proprio dal fatto che non c’è un ministero delle Pari Opportunità “. Il problema però, secondo la Ocmin, è che in questo Paese non solo le donne hanno difficoltà nel mondo del lavoro, ma “spesso si domandano se possono permettersi un figlio”. Un aspetto assurdo perché se un “Paese non pensa al futuro è destinato al baratro”. Il rappresentante della Cisl ha poi sottolineato la necessità che anche per le donne lavoratrici immigrate siano assicurati gli stessi diritti.
“Non ci si rende conto – ha spiegato Maria Pia Mannino, responsabile nazionale dipartimento politiche di genere e di pari opportunità Uil – di quanto possa ‘costare’ per una donna avere una famiglia, avere dei figli. Di quanto una sonna sia costretta a sacrificare”. Da questo punto di vista il JobsAct, sebbene non completamente negativo, non ha dato le risposte che servivano: “Sul lavoro femminile non si è voluta percorrere una vera strategia politica, si sarebbe potuto fare di più”.
Gioia Gorgerino, vice presidente Ance giovani ha presentato alcuni dati di ricerche
effettuate dall’associazione sottolineando, ad esempio, quello relativo alla presenza di donne ai corsi di formazione e sicurezza nel suo settore nel 2014, pari al 4,9%, in calo rispetto all’anno precedente. Anche per Gorgerino “è necessario sostenere e rilanciare con tutte le forze l’occupazione femminile”. Il Prof. Avv. Lorenzo Ioele, ordinario di
diritto del lavoro e della previdenza sociale Università degli Studi di Salerno, ha posto l’accento sul fatto che “è evidente dai numeri che il Jobsact non ha prodotto effetti importanti”. “Le donne – ha spiegato – pagano il prezzo della loro ‘funzione familiare’, ma non ci accorgiamo che questo scotto lo paga tutto il Paese. Sono convinto che bisogna puntare sul welfare aziendale garantendo servizi migliogi per andare incontro alle esigenze di chi lavora, e questo andrebbe a vantaggio non solo delle donne ma anche delle famiglie”.
L’On. Maria Luisa Gnecchi, capogruppo PD XI commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati, ha ricordato che dalla legge 125 del 91, che all’articolo 1 prevede pari responsabilità familiari e professionali tra donne e uomini, “sono stati fatti passi avanti importati, ma non è abbastanza. È necessario quindi mantenere alta l’attenzione ed intervenire per restituire alle donne quei ‘crediti’ che il Paese ha verso di loro”.