I tempi sono ancora incerti, però potrebbero anche non essere troppo dilatati, vista la sostanziale condivisione da parte praticamente dell’intero Parlamento e tenuto conto delle imminenti scadenze connesse alla fine dello stato di emergenza. Il lavoro agile, per come lo abbiamo conosciuto in questi due anni, è destinato a finire parcheggiato in un angolo con tutta la sua procedura semplificata che è stata sicuramente utile a fronteggiare i momenti più difficili della lotta alla diffusione del Covid-19. Il ritorno alla normalità è in due fasi: il 31 marzo per il pubblico impiego e il 30 giugno per il settore privato. Di certo, l’esperienza di questi due anni dimostra che un semplice ritorno alla legge 81/2017 non è possibile per tutta una serie di incongruenze emerse con chiarezza in questi mesi. Davanti ad un tale scenario, la strada del semplice accordo sindacale potrebbe non reggere davanti alle previsioni di legge, per cui, mentre nella pubblica amministrazione si è iniziato a parlare di piano integrato di attività e organizzazione, nel privato diverse grandi aziende hanno definito degli accordi collettivi per meglio gestire il ricorso allo smart working. In Parlamento, intanto, la decina di proposte di legge presentate in commissione lavoro alla Camera dei deputati sono state raccolte in un testo unificato che, vista proprio l’ampia convergenza potrebbe avere chance di approvazione in tempi anche rapidi, forte pure del parere delle parti sociali raccolto in audizione.