Seppure in ritardo rispetto alla macchina del volontariato locale, anche a livello centrale ci si comincia ad organizzare per accogliere le migliaia, forse centinaia di migliaia, di cittadini, soprattutto donne e bambini, provenienti dall’Ucraina. L’articolo 31 prova a coordinare le attività di assistenza e accoglienza, individuando anche qualche numero. Si parla infatti di 15mila accessi attraverso forme di accoglienza diffusa mediante comuni, enti del terzo settore, centri servizi per il volontariato, enti religiosi. Ulteriori forme di sostentamento e assistenza sono individuali per un massimo di tre mesi e fino al 31 dicembre 2022 per 60mila fuoriusciti dall’Ucraina. Lo stesso articolo stanzia 152 milioni per l’assistenza sanitaria da erogare per il tramite delle regioni. Si rimanda ad una ordinanza della protezione civile per la definizione delle varie forme di accoglienza, tenendo conto della deliberazione del consiglio dei ministri del 28 febbraio e del fatto che una parte dei profughi potrebbe, nel frattempo, anche essere occupata. Le risorse per i centri di accoglienza sono incrementate di circa 7,5 milioni, mentre per le altre forme si arriva a 348 milioni. L’articolo 32 accelera alcune procedure per l’immissione in servizio dei vigili del fuoco, mentre l’articolo 33 proroga i contratti di lavoro in somministrazione in essere connessi alle attività della commissione nazionale per il diritto di asilo con oneri di poco inferiore a 20 milioni di euro. L’articolo 34, per favorire un inserimento delle persone fuggite dall’Ucraina, prevede una deroga per l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario; le strutture interessate possono stipulare contratti a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa o libero professionale. L’articolo 35, infine, prevede degli interventi in materia di procedimenti autorizzativi per prodotti a duplice uso e prodotti listati, interessati dalle misure restrittive dell’Unione europea.