I suoi legali sostengono che il provvedimento, che impediva l’espatrio del bambino, non sia mai stato notificato al loro cliente

Prosegue il caso legato al piccolo Eitan, il bambino, unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone costata la vita a 14 persone il 23 maggio scorso, portato in Israele dal nonno materno, Shmuel Peleg, adesso accusato dalla Procura di Pavia di sequestro di persona aggravato e attualmente agli arresti domiciliari in Israele. Oggi i suoi legali hanno sostenuto che il provvedimento, che impediva l’espatrio del bambino, non sia mai stato notificato al loro cliente. A dimostrazione della loro versione, hanno mostrato un documento, datato 10 agosto e firmato dal giudice tutelare di Pavia, Michela Finucci, che riggetta la nomina a tutore di Shmuel Peleg e invita il tutore, la zia Aya, «a domandare» al nonno del bambino «la consegna del passaporto» di Eitan «entro e non oltre il 30 agosto 2021». «L’immediata restituzione di Eitan». Questa sarà invece la posizione di Aya Biran, la zia paterna e tutrice legale del bambino, nell’udienza in programma il 29 settembre al Tribunale di Tel Aviv. Ad annunciarlo è Shmuel Moran, il legale che rappresenta Aya Biran in Israele. «Questo è un sequestro, un rapimento dall’Italia, contro la legge italiana, contro la legge civile, contro le decisioni del tribunale italiano, contro la legge criminale», ha denunciato l’avvocato, ribadendo che «il bambino deve essere restituito all’Italia il prima possibile». Gli zii paterni andranno in Israele, ha annunciato lo zio Or Niko, senza comunicare quando: «Non vi do la data», ha detto ai giornalisti, aggiungendo di aver avuto «un piccolo colloquio» con il bambino. Alcuni aspetti sono ancora da chiarire, ma Or Niko è convinto che i nonni materni non possono aver agito da soli: ci sono stati «tanti complici e persone che gli hanno dato una mano. Non potevano farlo da soli. È un buon inizio che il nonno sia ai domiciliari. Siamo disposti a parlarci». Conversando con i cronisti, ha ammesso che «la strada per riportarlo a casa ancora lunga». «Mi affido alle autorità israeliane e italiane per risolvere la situazione nel più breve tempo possibile», ha aggiunto, osservando che «sull’affidamento del bambino deve decidere Tribunale italiano e non quello israeliano, il centro della sua vita è in Italia».