“Passo avanti” o “passo indietro”? In ogni caso Di Maio non è più il capo politico del M5s

Quello che una settimana fa secondo le indiscrezioni veniva dato come “passo indietro” (e smentito come «gravissime falsità», «narrazione surreale»), oggi sembra piuttosto essere divenuto realtà, disegnando un valzer, ubriaco, la traiettoria della rapidissima e piroettante carriera politica di Luigi Di Maio. Le dimissioni del ministro degli Esteri da capo politico del Movimento 5 Stelle, anticipate stamattina da diversi quotidiani e nella riunione con i ministri del M5s, annunciate in concomitanza con la presentazione dei facilitatori regionali, intende passare più come una mossa strategica, una revisione della governance, che come una ritirata prima della molto probabile sconfitta alle regionali in Emilia Romagna e Calabria che si terranno domenica 26 gennaio. Senza lasciarsi distrarre dalla narrazione pentastellata – «mi collegherò in diretta (Facebook) perché ho delle cose importanti di cui parlarvi…Vi aspetto. A più tardi. Forza!», come se si stesse per annunciare una grande festa – restano sul tavolo gli ultimi due “addii” al Movimento di due nuovi deputati (Michele Nitti e Nadia Aprile, salendo così a 14 i deputati ex M5s nel Gruppo Misto e in totale a 31 quelli passati ad altri gruppi) e che la reggenza del M5s sarà affidata a Vito Crimi in vista degli Stati generali previsti nella metà di marzo. Questi ultimi sarebbero il vero obiettivo del “passo indietro” o “di lato” di Di Maio, il quale evidentemente intende arrivare preparato all’appuntamento, mentre la durata in carica dei facilitatori nazionali e regionali legata alla permanenza di Di Maio al vertice lascerebbe intuire un’inalterata centralità del suo ruolo nel M5s.
Quindi? Quindi, come al solito, ci si può perdere nei bizantinismi a cui il M5s fa ricorso (alla faccia della democrazia diretta) per dare ad intendere al proprio elettorato e all’opinione pubblica che tutto va bene. Ma il premier Giuseppe Conte ha lasciato ad intendere che «Di Maio è stato tirato per la giacchetta», ha dichiarato ai microfoni di Rtl, «se fosse una sua decisione lo rispetterò» anche se «mi dispiacerà sul piano personale». Non solo Di Maio anche il Movimento è in declino come dimostra – altro che «tutti uniti» – l’ondata di provvedimenti disciplinari verso propri parlamentari colpevoli di mancati o incompleti rimborsi verso il Movimento stesso e verso l’Associazione Rousseau.