La conferma della crescita degli occupati arriva dalla fonte più accreditata possibile. Se, infatti, l’Istat opera su stime e il Ministero del lavoro sulle comunicazioni obbligatorie che, per loro natura, possono riguardare la stessa persona, l’Inps si basa sulle posizioni contributive aperte. Il risultato è che i lavoratori (non solo privati, naturalmente) nel nostro Paese hanno raggiunto la consistenza massima di 25,3 milioni di unità, in crescita nel corso del 2018, dopo la contrazione dell’anno precedente, in larga parte imputabile alla revisione della normativa sul lavoro accessorio. Sempre nel 2018, l’Inps osserva una riduzione del lavoratori provenienti dall’Europa dell’est ed un incremento della componente extracomunitaria, oggi vicino al 10% del totale dei lavoratori in Italia. Un segnale molto positivo, considerando soprattutto cosa è accaduto a partire dal 2012, è la ripresa dell’occupazione (+2,9%) fra gli under 25, una tendenza che potrebbe ripresentarsi anche nell’anno in corso per effetto dei pensionamenti anticipati con Quota 100, mentre rimane debole la fascia centrale, quella fra 35 e 49 anni, spesso priva di incentivi mirati. Rispetto al periodo pre-crisi, se il numero complessivo dei lavoratori è stato superato, l’Italia è ancora indietro con riferimento alle ore lavorate (-4,8%). Del resto, circa il 20% dei lavoratori ha un contratto part time, di certo non per scelta propria.