Dal simposio delle banche centrali a Sintra in Portogallo, il presidente della Bce Mario Draghi, di riflessioni oggi ne ha stimolate molte e non tutte, ovviamente, condivisibili. Come ad esempio che occorre uno strumento comune di stabilizzazione di bilancio di dimensioni (un ulteriore attacco alla sovranità dei Paesi Ue), e il richiamo ai Paesi dell’Unione con «debito alto», come l’Italia, a rispettare le regole Ue. Da quest’ultimo punto di vista – quello cioè dei Paesi con debito alto come l’Italia in primis, che sta tentando una mediazione con la Commissione Ue un po’ con il guanto di velluto, un po’ con “dichiarazioni” di ferro – il presidente della Bce ha fatto alcuni passaggi non così lontani da ciò su cui i sovranisti e/o euroscettici pongono insistentemente i riflettori: bassa crescita e flessibilità.

Ha detto Draghi che «in assenza di miglioramenti, tali da favorire il ritorno dell’inflazione, saranno necessari ulteriori stimoli», avvertendo quindi che le scelte fin qui utilizzate dalla Bce, come il taglio dei tassi e il Quantitative easing (QE), potrebbero essere confermati alla luce delle prospettive future dell’economia e quindi della crescita, che «per i prossimi trimestri indicano una debolezza persistente». I «rischi notevoli» dell’anno appena trascorso – e il loro prolungamento nei periodi a venire – hanno «pesato sulle esportazioni e in particolare sulla produzione» e dunque non potranno che continuare a farlo. Aggiungendo qualcosa di ancora più importante: «Se la crisi ci ha insegnato qualcosa, è che noi useremo tutta la flessibilità disponibile entro il nostro mandato e lo faremo ancora in futuro per rispondere a qualsiasi sfida all’obiettivo di stabilità dei prezzi». Subito i mercati europei hanno reagito positivamente, registrando un andamento positivo e ribasso dell’euro nei confronti del dollaro. Dunque, flessibilità. Una parola chiave, quasi magica, che dal Governo italiano si invoca con sempre maggiore insistenza affinché l’Italia possa riuscire a uscire dalla trappola, ma sarebbe meglio chiamarla tenaglia, rappresentata dal rigore dei conti pubblici da una parte e dalla scarsa crescita da un’altra, uno dei freni più potenti anche alla creazione di nuovi posti di lavoro. Secondo Draghi «la politica di bilancio deve giocare il suo ruolo» fornendo uno stimolo all’economia quando questa è debole, e non lasciando alla sola Bce questo compito. Esattamente quello che chiede di poter fare l’attuale Governo italiano e l’esatto contrario di quello che è stato fatto dagli esecutivi precedenti per la smania, cieca, di far quadrare i conti pubblici con parametri fuori dalla realtà, difesi dallo stesso Draghi e dall’Ue. Per quanto tempo ancora?