Un problema che riguarda il lavoro pubblico, ma che non è di certo sconosciuto, anzi, nel settore privato. L’Istat segnala ancora una volta il fenomeno dei contratti collettivi scaduti, un aspetto che si riflette pesantemente sul potere d’acquisto dei dipendenti, ma anche sulla stessa competitività delle aziende, almeno di quelle che ambiscono a stare sui mercati in maniera efficiente. Nel primo trimestre del 2019, sono stati rinnovati due accordi collettivi a fronte di 27, nello stesso periodo, sono scaduti, 15 dei quali nella pubblica amministrazione. Occorre ricordare che l’analisi dell’Istat è su un campione significativo di contratti collettivi e non sulla intera platea del lavoro dipendente. Alla fine di marzo, guardando alla parte economica, i contratti collettivi nazionali in vigore coprono 5,9 milioni di lavoratori dipendenti, il 47,6% del totale. Di converso, i contratti collettivi in attesa di rinnovo sono 41, con riferimento a circa 6,5 milioni di lavoratori. L’attesa del rinnovo del contratto scaduto è nell’ordine di 12,7 mesi in media, che scende a 6,6 mesi sul totale dei lavoratori dipendenti. Quest’ultimo dato è in forte diminuzione per effetto del rinnovo dei contratti del pubblico impiego a cavallo fra la fine del 2017 e l’inizio del 2018. Sempre sul pubblico impiego, si ricorda che in legge di bilancio sono stanziate risorse per un incremento superiore rispetto all’ultima tornata.