di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Si è celebrata ieri la Giornata mondiale per le vittime dell’amianto. Nonostante il suo effetto cancerogeno sia stato scoperto decenni fa, l’amianto ancora continua a provocare decessi, stimati dall’Oms in più di 100mila l’anno nel mondo. L’amianto nel nostro Paese è vietato dal 1992, anno in cui venne emanata la legge n. 257 che ne proibì l’utilizzo, eppure, anche dopo tanto tempo, le vittime sono migliaia ogni anno. Nel 2017 sono state seimila ed il picco degli effetti sulla salute dell’utilizzo di amianto è previsto per il periodo 2025/2030. Questo per vari motivi. Innanzitutto le patologie causate dall’amianto – mesotelioma o carcinoma – hanno periodi di latenza molto lunghi, anche di 40 anni, e quindi, nonostante il minerale sia vietato da quasi trent’anni, ancora oggi si verifica un numero elevatissimo di casi di gravi malattie provocate dal minerale, fra i lavoratori ed i loro familiari che sono stati esposti all’amianto ed anche fra i cittadini residenti in abitazioni o in ambienti inquinati dalla presenza dell’amianto stesso. Inoltre la rimozione, particolarmente complessa da realizzare, non è stata effettuata in modo completo. Ritardi nella bonifica e persino nei censimenti, strutture di smaltimento insufficienti, discariche abusive. E così tuttora c’è moltissimo amianto in Italia, considerando che, prima che ne venisse riconosciuta per legge la pericolosità e di conseguenza vietato l’uso, il suo utilizzo per scopi sia industriali che abitativi era massiccio e capillare. Ancora oggi l’amianto è presente in molti edifici, in buona parte privati, ma anche in siti industriali e strutture pubbliche, compresi ospedali, scuole, rete idrica. Stime recenti parlano di 75mila ettari di territorio in cui ne è accertata la presenza e secondo il ministero dell’ambiente ci sono più di 53mila siti contenenti amianto, di cui solo 2mila bonificati, 4mila parzialmente bonificati e 46mila da bonificare. Difficile anche l’iter per il riconoscimento della malattia professionale e dei conseguenti benefici previdenziali previsti per i lavoratori colpiti da patologie derivanti dall’esposizione all’amianto. Non chiariti del tutto alcuni aspetti relativi alle responsabilità penali dei datori di lavoro, con una giurisprudenza sostanzialmente divisa. Per affrontare e superare definitivamente il problema, a quasi trent’anni dalla messa fuorilegge dell’amianto, si attende una razionalizzazione a livello legislativo dell’intera materia, che investe ambiti diversi, dal lavoro alla previdenza, dalla salute all’ambiente, per avere un quadro organico e di certezza giuridica. Il Testo Unico, di cui si parla da anni, ancora non è stato emanato e ci si augura che il proposito del ministro dell’ambiente Sergio Costa di riuscire a presentarlo entro l’estate per poi approvarlo in Parlamento si traduca finalmente in realtà.