di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Da qualche anno a questa parte, il Documento di economia e finanza (Def), l’erede di quello che era il Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef), ha assunto una maggiore valenza sia sotto il profilo formale che in quello sostanziale. Questo perché, il Def si inserisce nell’ambito del cosiddetto Semestre europeo, la fase in cui i partner danno le prime indicazioni sull’andamento delle proprie economie e su quelli che sono gli obiettivi programmatici. Non a caso, all’interno del Documento le due parti più consistenti e sulle quali si concentra maggiormente l’attenzione sono quelle relative al programma di stabilità – in altre parole, il contenimento di debito e deficit in rapporto al prodotto interno lordo – e al programma nazionale di riforma – l’allegato sulle riforma che si vogliono attuare. Il Def di quest’anno è stato presentato da qualche commentare come una sorta di operazione verità sui conti, poiché il governo ha ipotizzato una crescita del prodotto interno lordo di un paio di decimali con conseguenze dirette su deficit ed indebitamento. A nostro modo di vedere, la stima appare molto prudenziale e potrebbe anche essere smentita in positivo, viste alcune tendenze in atto che segnano un importante segno più, dalla produzione industriale al fatturato, dalla Borsa all’andamento dei titoli di Stato. Di certo, da parte nostra, l’attenzione non può fermarsi ai soli aspetti finanziari, ma è indirizzata verso tematiche dal forte impatto sociale, come il contrasto alla povertà, la previdenza, l’occupazione, il welfare, passando per quello che abbiamo definito un nuovo Piano Marshall volto a rafforzare la complessiva dotazione infrastrutturale nel nostro Paese.