Più della Germania e della Francia, ma meno della Spagna. Dal 1861, l’anno dell’Unità, ad oggi, la popolazione residente nel nostro Paese è cresciuta del 130% a fronte del 116% tedesco, del 78% transalpino e del 205% della penisola iberica. La linea demografica segnala un incremento costante dello 0,65% medio, ad eccezione dei periodi coincidenti con la Prima e la Seconda guerra mondiale. In parecchi casi, la popolazione residente è cresciuta con percentuali annue superiori all’1%, anche se a bilanciare il tutto ha contribuito la nostra emigrazione. Tutto ciò almeno fino alla metà degli anni ’60, quando le nascite hanno preso a diminuire, tanto che per circa venti anni il saldo fra nati e morti è stato sostanzialmente in parità. La popolazione residente ha poi ripreso a crescere per il fenomeno dell’immigrazione: i nuovi arrivi dall’estero hanno segnato una inversione di tendenza significativa. Nel solo 2004, i nuovi residenti crescono di 700mila unità per effetto della sanatoria, nota come Bossi-Fini, che ha interessato gli immigrati irregolari. Nel decennio successivo, i residenti crescono di 3,2 milioni di unità fra nuovi ingressi ed acquisizione di cittadinanza. La componente straniera nello stesso periodo passa da meno di due a circa cinque milioni, vale a dire da meno del 4% a più dell’8% dei 60,6 milioni di residenti, meno di Germania (82,2 milioni) e Francia (66,7 milioni), ma più della Spagna (46,4 milioni). Ad oggi, gli italiani residenti all’estero sono 4,9 milioni, più o meno lo stesso numero dei cittadini immigrati nel nostro Paese.