In questo caso, si va ben oltre quello che un tempo sarebbe stato definito arco costituzionale. Le critiche alla nuova Politica agricola comune coinvolgono, infatti, il governo e le parti sociali nel loro insieme, senza particolari distinzioni fra datori di lavoro e lavoratori. Qualche settimana fa, prima ancora che scoppiasse la bolla latte sardo, il vice premier Matteo Salvini aveva fatto sapere che, se fosse per lui, l’Italia dovrebbe rivendicare il commissario all’agricoltura. Del resto, sarebbe stato molto utile avere già in questo quinquennio un commissario più attento agli interessi del nostro Paese, se è vero, come è vero, che lo stesso Matteo Renzi ha recitato il mea culpa per aver indicato Federica Mogherini in un posto, quello di ministro degli esteri dell’Unione europea, che poco ha giovato alla causa nazionale. In attesa di trasferirsi alla Consob, la posizione ufficiale del nostro esecutivo è stata espressa dal ministro degli affari europei, Paolo Savona, il quale, dopo aver pronosticato una chiusura della procedura non prima dell’autunno, ha rimarcato il forte impegno per evitare l’annunciata decurtazione delle risorse sul primo, i pagamenti diretti, e sul secondo, il mercato, pilastro della Pac. Sempre Savona ha aggiunto: «Il governo ritiene che la Pac debba avere una dotazione che metta le imprese agricole italiane in grado di competere e per consentire lo sviluppo delle aree rurali». Critiche alle proposte di regolamento sono arrivate anche dai sindacati di categoria, dalla Cgil alla Ugl, che, come le associazioni datoriali, hanno insistito su alcuni aspetti fortemente penalizzanti. L’agricoltura risente, infatti, delle avverse condizioni climatiche (è di qualche giorno l’allarme lanciato, in questo senso, dalla Coldiretti, come note sono le proteste dei coltivatori pugliesi), con effetti consistenti sui prezzi, che si caratterizzano per la loro volatilità. Ed ancora, il pericolo viene dai parassiti e dalle malattie (anche il grande pubblico ha imparato a conoscere la xylella, che colpisce gli olivi del leccese, o il cinipide, che ha attaccato i castagni di mezza Italia), i quali incidono pesantemente sul reddito degli agricoltori: la stessa Commissione europea stima che il 20% degli agricoltori possa arrivare a perdere più del 30% del reddito rispetto alla media degli ultimi tre anni. Senza dimenticare, naturalmente, la pressione sulle risorse naturali e i cambiamenti climatici, due aspetti sui quali le proposte di regolamento entrano a piedi pari, chiedendo agli agricoltori un contributo molto importante, superiore a tante altre categorie.