di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il caso Battisti, dopo diversi giorni dall’arresto, ancora domina il dibattito politico. La faccenda, infatti, tocca corde delicate e va al di là dell’importanza del singolo uomo. In particolare rimanda a due considerevoli questioni. La prima: la necessità, per uno Stato di diritto, di garantire la certezza della pena, a risarcimento di vittime, familiari e dell’intera società, e dall’altra di mantenere nel contempo il rispetto dei diritti e della dignità anche del peggiore tra i colpevoli. La seconda: i conti, mai fatti, con un’epoca lontana eppure ancora vicinissima nei sentimenti popolari, quella degli anni di piombo, che furono anni di idealismo, anche se a volte fanatico e sanguinoso, ma anche di criminalità mascherata da lotta politica e torbidi calcoli di palazzo eseguiti sulla pelle di comuni cittadini e ignari militanti, il tutto mischiato in un calderone di cui ancora oggi si sa troppo poco. Per quanto riguarda la prima questione, ovvero l’assenza di una “giustizia giusta” c’è la mancanza di certezza della pena, protratta per i lunghissimi 37 anni di latitanza e non solo: la latitanza non è stata sofferta e braccata, ma, piuttosto, protetta e dorata ed in questo modo tutto il possibile alone di “romanticismo maledetto” va a farsi benedire. Resta solo il ricordo del sorriso sprezzante di chi sa di potersi permettere di uccidere impunemente, senza doverne pagare le conseguenze. La dignità del ribelle, anche nel male, sta tutta nel coraggio e ben poco coraggio è richiesto a chi ha capi di Stato e di governo a far da garanti. E, infatti, senza il nuovo presidente brasiliano Bolsonaro la cattura non sarebbe stata possibile. Resta il dubbio su cosa sarebbe accaduto e se l’arresto sarebbe stato altrettanto immediato se al governo in Italia ci fosse stata una diversa parte politica. Legittimo, quindi, l’orgoglio e la presenza dei ministri del governo gialloblu all’aeroporto, a rivendicare la giustizia finalmente fatta, non solo nei confronti di Battisti, ma anche dei potenti che lo hanno protetto, beffandosi delle vittime e dello Stato italiano. Certo, questo non giustifica la gogna, a un governo del quale si ha stima, si richiede il massimo dello stile. Si spengano, quindi, i riflettori su Battisti, in carcere. Che si accendano finalmente, invece, sulla rete che lo ha soccorso e sulle cause di tanta cura nei confronti di un personaggio tutto sommato marginale, forse più profonde che una presunta solidarietà ideale. E qui si viene al secondo dei temi: per chiudere finalmente col passato della “notte della Repubblica” occorre approfondire, non accontentandosi di mezze verità e semplificazioni, questa come tutte le altre oscure vicende che hanno non solo insanguinato il Paese, ma che, rimasti sconosciuti o impuniti esecutori e mandanti, hanno colpito al cuore il rapporto di fiducia fra cittadini e Istituzioni.