di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Nelle intenzioni dei Dem avrebbe dovuto essere l’asso nella manica, capace di risolvere all’ultima mano una partita già persa. Così non è stato. Il ricorso del Pd alla Consulta contro la Legge di Bilancio è stato respinto: la Corte ha infatti dichiarato che, sebbene i tempi di discussione e approvazione siano stati insolitamente ristretti, non si è verificata alcuna violazione delle norme. Com’era del resto piuttosto evidente, la contrazione della trattazione al Senato è stata determinata esclusivamente dall’esigenza di approvare il Bilancio nei tempi stabiliti, nonostante la lunga ed estenuante trattativa in sede Ue. Eppure il Pd ci aveva sperato. Non avendo i numeri in Parlamento per bocciare la Manovra, si pensava di riuscire a bloccarla ricorrendo alla Consulta. Del ricorso si era fatto un gran parlare sui giornali, mentre la bocciatura di ieri è passata piuttosto in sordina sugli organi di stampa, a riprova di una certa diffusa faziosità di cui ormai neanche ci si meraviglia più. Questa vicenda è emblematica. Descrive un’opposizione in panne, che ancora non riesce a rassegnarsi al proprio ruolo, che non ha prodotto nessun tipo di autocritica volta a interpretare e correggere gli errori commessi, incapace di offrire proposte politiche convincenti e volti carismatici in grado di interpretarle, a cui non resta che sperare in qualche “aiutino” dall’esterno per risollevarsi e per impedire, cosa più grave, alla maggioranza di fare il proprio mestiere. Prima avevano puntato su Mattarella, perché, nonostante i numeri, bloccasse la formazione dell’Esecutivo e facesse uscire dal cilindro Cottarelli, ma poi fortunatamente il Presidente ha deciso altrimenti. Poi avevano fatto il tifo per Juncker e Moscovici, sperando addirittura nella procedura d’infrazione contro l’Italia. Adesso è il turno della Consulta. Bocciato il ricorso sulla Legge di Bilancio, resta in piedi quello sul Decreto Sicurezza. Qualunque cosa pur di non rimettersi alla volontà popolare, riflettere sui propri errori e provare a riconquistare la fiducia della gente. Avremmo, tutti, bisogno di un’opposizione in grado di battersi sul campo della dialettica politica, non certo di chi, pur di vincere ad ogni costo, vorrebbe impedire all’avversario di fare il proprio gioco provando a cambiare in corsa le regole a proprio favore.