Non è il primo segnale negativo sul futuro dell’Europa e della sua economia, ma stavolta è più marcato. Secondo le stime pubblicate oggi dalla Commissione europea, l’indice del «sentimento economico» dell’Eurozona (Esi) a dicembre è in netto calo e di ben 2,2 punti, attestandosi così a quota 107,3. Nell’Unione europea a 28 lo stesso indice è sceso di 2,0 punti a quota 107,6. Segnali di forte frenata anche dalle più importanti economia: la Spagna ha registrato il calo più forte (-3,0), la Francia (-2,0), la Germania (-1,9) e l’Italia (-1,4). Gli indici di fiducia nell’industria e dei consumatori, a livello settoriale, hanno registrato il calo più netto, -2,3. Deterioramento significativo della fiducia anche nel settore dei servizi, -1,4, così come si trova in discesa la fiducia nel settore delle costruzioni, -1,0. Ricordiamo che appena la scorsa settimana, l’indice Ihs Markit PMI composito dell’Eurozona sull’andamento del settore manifatturiero e dei servizi, ha segnato un calo: da 51,1 punti contro 52,7 punti di novembre. In particolare il manifatturiero francese ha manifestato la flessione peggiore a 48,7 punti rispetto ai 54,2 di novembre, la Germania in calo a 51,6 punti dai 52,3. Da quest’ultimo Paese, tuttavia, sono arrivati oggi  segnali preoccupanti: l’ufficio federale di statistica, Destatis, ha rilevato che la produzione industriale è in calo dell’1,9% a novembre, a fronte di un atteso +0,3% e dopo il -0,8% di ottobre, e del 4,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.  Dati negativi che vanno ad aggiungersi a quelli di ieri sugli ordini industriali e sul Pil, in calo dello 0,2% nel terzo trimestre. Se la locomotiva d’Europa non traina più e se le politiche europee resteranno improntate al più assurdo rigore, c’è da preoccuparsi e molto seriamente non solo per l’economia dell’eurozona ma anche per quella di altri Stati intenzionati seriamente o obbligati a crescere. E l’Eurozone Economic Outlook dell’Istat, Ifo e Kof, sempre di oggi, non lascia spazi all’ottimismo: «l’economia dell’area euro è prevista crescere» ma a ritmi «moderati». I rischi principali di un rallentamento sono stati individuati nelle «incertezze legate a fattori politici come la Brexit, le dispute sui dazi commerciali, la vulnerabilità nei mercati emergenti e volatilità dei mercati finanziari», che minacciano «le prospettive economiche e finanziarie per il 2019».