Dall’Europa dei burocrati e delle élite, all’Europa dei popoli. Sarà questo il cambiamento, ormai necessario, cui assisteremo il prossimo anno? Pochi mesi e sapremo. La data da segnare sul calendario, neanche a dirlo, è quella delle elezioni europee, in programma il 23-26 maggio. Da più parti – in Italia, ad esempio, lo ha ricordato in diverse occasioni il ministro dell’Interno e leader della Lega, Matteo Salvini – l’appuntamento elettorale viene percepito come un referendum tra due approcci differenti, l’uno – quello che ha gestito gli anni della crisi con risultati pressoché nulli – che ha avuto nella Germania dell’eccessivo rigorismo di Angela Merkel una leadership quasi del tutto incontrastata, e l’altro – più vicino alle esigenze dei cittadini – che ha iniziato ad emergere solo di recente, anche se il clima di cambiamento si è cominciato ad osservare già nel 2016,  dapprima con il referendum sulla Brexit  (pur con le oggettive difficoltà, anche interne, che il processo di uscita del Regno Unito dall’UE ha registrato soprattutto nel corso delle ultime settimane) e in seguito con il fallimento, in Italia, del referendum costituzionale promosso dall’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Di lì un’escalation di “terremoti politici”: il voto francese del 2017 che ha comunque spazzato via i partiti cosiddetti tradizionali; alcuni mesi dopo le elezioni tedesche che hanno visto ridimensionare di molto il peso specifico di Merkel; infine il 4 marzo 2018 che ha portato alla nascita del governo Lega-5Stelle nel nostro Paese. Nel frattempo, Merkel ha continuato a perdere consensi in Germania in regioni chiave, al punto da vedersi costretta a lasciare la guida della Cdu (al timone del partito adesso c’è Annegret Kramp-Karrenbauer, descritta come una sua “emanazione”); il presidente francese Macron – goffo tentativo, il suo, di definire “nuovo” qualcosa di ampiamente visto e sofferto in passato – ha dovuto cedere molto terreno al movimento dei gilet gialli che per settimane hanno manifestato contro gli ipotizzati rincari sul carburante e le politiche del governo, promettendo misure ai limiti dei parametri europei, sostenenedo nei fatti – ironia della sorte – la linea italiana. L’Italia, appunto: l’esecutivo presieduto da Giuseppe Conte ha fatto da apripista nell’Europa degli stravolgimenti ed è stato osteggiato in tutti i modi nei palazzi di Bruxelles. La sua colpa? Aver messo al primo posto i cittadini e non i decimali tanto cari ai burocrati e ai tecnici. Ad ogni modo è sufficiente dare un’occhiata alla cartina dell’Europa per scrutare un mutamento che è già in atto. Secondo l’ultimo Eurobarometro, saranno l’immigrazione, l’economia e la disoccupazione giovanile i principali temi della campagna elettorale per le europee: non serve spiegare perché. A maggio i cittadini saranno chiamati a rinnovare il Parlamento europeo, passaggio decisivo per un possibile cambio ai vertici delle istituzioni dell’UE. Il 2019 sarà l’anno della svolta?