Senza troppi giri di parole: Red Land – Rosso Istria è il film di cui avevamo bisogno e che dal 15 novembre è nei cinema italiani. Ne aveva bisogno il Paese per ricordare una tragedia che ha riguardato migliaia di nostri connazionali tra il 1943 e il 1947. Quelli che vivevano in Istria e in Dalmazia, moltissimi dei quali massacrati dai partigiani di Tito. Li uccidevano, li deportavano nei campi di concentramento o li gettavano vivi nelle Foibe – in Istria se ne contano circa 1.700 –, quei pozzi naturali verticali che sbucano dalla terra. Una cosa atroce. La loro unica colpa: essere italiani. E per questo dovevano pagare con la vita (i più fortunati, circa 350mila, furono costretti a lasciare le loro case). Il film girato dal regista italo-argentino Maximiliano Hernando Bruno – alla sua prima opera –, con Selene Gandini e Geraldine Chaplin, racconta tutto questo e lo fa con realismo e imparzialità. Racconta la storia di Norma Cossetto, 23 anni, di Visinada (Pola), stuprata per una notte intera da diciassette partigiani, seviziata e mutilata per poi essere gettata nella foiba di Surani. Racconta la convivenza (non sempre facile) tra italiani e slavi e l’italianizzazione forzata da parte del fascismo. Non sono mancate critiche di revisionismo. Le stesse rivolte a Simone Cristicchi, che con Magazzino 18 ha raccontato la storia degli esuli giuliano-dalmati. Realizzare Rosso Istria non è stato facile: ci sono voluti «sette anni di battaglie, prima di rompere i muri e poi trovare i fondi, dato che dallo Stato non abbiamo avuto un euro», ha ammesso il produttore Alessandro Centenaro. Ne è valsa la pena, però.