di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

In questi giorni un nuovo personaggio, un nuovo campione è entrato nel Pantheon della sinistra nostrana: Ivano Ciccarelli. Di lui si parla ormai ovunque, nei social, sui giornali e in televisione. I fatti sono noti: un centinaio fra i migranti della Diciotti sono stati ospitati in una struttura della Chiesa, ai Castelli Romani. L’arrivo dei pullman che li portavano a destinazione è stato accolto da due manifestazioni, una favorevole ed una contraria alla loro presenza. Fra i favorevoli è spiccata la personalità del suddetto Ivan che, con linguaggio colorito ma efficace, ha spiegato le sue ragioni all’intervistatrice de La7. Cosa che, in palese assenza di leader carismatici nella sinistra odierna, lo ha reso pressoché un idolo indiscusso. Molti commentatori hanno sottolineato le sue caratteristiche, linguaggio, abbigliamento, provenienza sociale e quant’altro, a farne quasi una figura iconica capace di rappresentare quella sinistra popolana e popolare ormai scomparsa dai radar della politica. Magari da imitare per opporsi in modo più efficace al cosiddetto populismo e riuscire a recuperare qualche voto. Insomma, vista la mala parata dei leader troppo moderati, troppo benvestiti, troppo acculturati, dall’evidente biografia alto borghese, meglio rispolverare uno stile più ruspante. Questo ragionamento, che sembrerebbe lineare, ha tuttavia una – enorme – debolezza. Ci troviamo, è vero, nell’epoca dell’immagine. Ma un’immagine senza corrispondenti ed adeguati contenuti può abbagliare per ben poco, come una piccola lucciola rispetto ad una più affidabile lanterna. Gli elettori non sono disillusi dalla sinistra perché pensano che i suoi leader indossino cravatte troppo eleganti o perché utilizzino troppo bene i congiuntivi, sempre ammesso che ciò sia vero. Il problema non è la forma, ma la sostanza. Sono le politiche portate avanti in questi anni – il Jobs Act e la Fornero, le regalie ai potentati economici e bancari, l’appiattimento ai diktat ultraliberisti della Ue – ad aver reso impopolare la sinistra. Che, continuando a portare avanti tali politiche, resterà inesorabilmente impopolare, sia che esse siano incarnate da leader borghesi alla Calenda, sia che si trovi qualche volto più popolaresco chiamato a rappresentarle. Volto che, in ogni caso, non potrà certo essere quello dell’ormai noto Ivan, che, come esponente della sinistra radicale, non ha, molto probabilmente, nulla in comune con l’anima profondamente capitalista e liberista degli odierni democratici e può condividere con la sinistra istituzionale odierna solo ed esclusivamente l’opinione sulla questione migratoria. Ma per le altre, altrettanto fondamentali, questioni – sociali, economiche e politiche – il divario fra sinistra e popolo, rebus sic stantibus, resta incolmabile. Non è l’interprete ad essere sbagliato, ma il copione.