Altro che Guinnes dei primati, il Jobs Act ha portato al Guiness dei precari.
Il numero dei dipendenti a termine raggiunge il suo record storico nel nostro Paese, con l’Istat che registra 3 milioni e 105mila persone contrattualizzate “a scadenza”. Un esercito in aumento, che ha visto un crescendo senza sosta di sei rialzi consecutivi.
Oggi più che mai i numeri parlano chiaro: nell’ultimo mese crescono soltanto i dipendenti a termine, di 16mila unità, mentre i permanenti subiscono un calo di 56mila. Su base annua il trend è confermato: i lavoratori precari vanno su, quelli stabilizzati colano a picco: primi salgono di 394mila, i secondi scendono di 83mila, mentre gli indipendenti aumentano di 19mila.
Il mese di giugno ha visto un calo dell’occupazione dello 0,2% rispetto a maggio, con un calo di 49mila unità, che riguarda soprattutto gli uomini (meno 42mila) e chi ha più di 35 anni (meno 56mila).
Prendendo in considerazione i dati trimestrali, si nota come i precari siano aumentati di 123mila, a fronte di una sostanziale stabilità dei permanenti.
Insomma, nonostante le fanfare e gli inneggiamenti che negli ultimi anni hanno accompagnato l’applicazione del Jobs Act, i fatti danno definitivamente ragione a chi nel tempo ha manifestato la propria contrarietà alla riforma del lavoro: i dipendenti a tempo indeterminato stanno diventando una categoria in via d’estinzione, mentre il nostro Paese si è definitivamente consacrato come Patria dei “lavoretti”.
Commentando l’andamento annuo, lo stesso Istat afferma che «la crescita dell’occupazione appare consistente», ammettendo però che «si concentra tra i lavori a termine e, con riferimento all’età, tra i 15-34enni e soprattutto tra gli ultracinquantenni». L’Istituto di statistica aggiunge che «la disoccupazione cala lievemente nei dodici mesi, mantenendosi sui livelli della fine del 2012». Poi uno spiraglio positivo: «Continua anche il calo dell’inattività, che si mantiene sul minimo storico».
Le tendenze annuali, trimestrali e mensili confermano però un unico dato: l’Italia è, sempre di più, una Repubblica fondata sul lavoro precario.