di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Non ci sono più dubbi: oggi il presidente degli Usa, Donald Trump, ha annunciato l’introduzione di dazi sull’importazione di acciaio e alluminio da Canada, Messico e Unione europea. Mentre l’Europa ci osserva da lontano per nulla silente, compiendo diverse scivolate di stile, e palesemente attiva, anche se al momento non vincente, nel tentativo di impedire il totale ribaltamento di paradigma politico in atto dal 4 marzo scorso ad oggi, dagli Stati Uniti sta arrivando sulle nostre teste, sulle nostre aziende, sui nostri sistemi economici, sui nostri lavoratori una vera e propria mannaia. Gli effetti arriveranno subito e di certo qui in Italia non ne sentivamo il bisogno, alla luce della crisi che sta da tempo colpendo il nostro sistema industriale, in particolare quello siderurgico: la misura entrerà in vigore a partire dalla mezzanotte di Washington, con nuove tariffe doganali del 25 e del 10 per cento rispettivamente sulle importazioni di acciaio e alluminio.
Lungi dall’esserne contenti, ovviamente, ci chiediamo se ci sarà mai qualcuno che chiederà conto alla Ue della fallimentare trattativa con gli Usa. Anche questi, in fondo, dovrebbero essere considerati compiti da fare a casa. Ricordiamo per dovere di cronaca ben due viaggi separati, prima del Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, e poi della Cancelliera tedesca, Angela Merkel, che hanno prodotto un nulla di fatto. Anche la Commissione Europea attraverso i suoi vari rappresentanti aveva sia invitato sia redarguito gli Stati Uniti, ma la sua voce non è stata minimamente ascoltata. Perché? Molto semplice: l’Ue già applica dei dazi verso gli Usa ed è a questo che Trump si è ribellato. Secondo i dati del Wto, l’Ue applica nell’Occidente sviluppato i dazi più elevati: quello medio era del 5,3% nel 2016, superiore al 3,5% degli Stati Uniti, al 4,2% del Giappone, al 4,1% del Canada e al 2,7% dell’Australia.
Donald Trump aveva annunciato l’inasprimento dei dazi nel marzo scorso e aveva temporaneamente sospeso il provvedimento fino appunto a fine maggio, dando il tempo all’Europa di addivenire a più miti consigli. La Ue ha minacciato di fare altrettanto su jeans, succo d’arancia, burro di arachidi e altre merci, ma la voce grossa non è servita. Così come non serve sottolineare adesso da parte di Angela Merkel che i dazi voluti dal presidente Donald Trump «non rispettano le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio» e che adesso l’Unione risponderà in modo «deciso e unito». Trump, con questa scelta, magari discutibile, ha inteso difendere l’industria e i lavoratori americani. Chi difenderà invece l’industria e i lavoratori europei? Chi controlla il controllore?