Ora la palla passa al governo che verrà. La Corte costituzionale, usando per la verità il bilancino, ha sancito che effettivamente andrebbe rivisto il divieto imposto ai rappresentanti delle Forze armate di costituire associazioni professionali a carattere sindacale. La decisione, già comunicata al Presidente Sergio Mattarella nella sua qualità di capo delle Forze armate, non è netta come in altri casi – si parla infatti di questione «parzialmente fondata» – ma, comunque, apre uno scenario nuovo, evocato da tempo. Come noto, il codice militare pone un limite oggettivo alla presenza del sindacato nell’esercito, nell’aeronautica, nella marina, fra i carabinieri e nella finanza. Ciò in nome della garanzia di imparzialità che le Forze armate devono comunque avere. Fermo restando questo principio, assolutamente condivisibile, ora, però, la Consulta va un passo avanti, dopo che il Consiglio di Stato nel maggio dello scorso anno si era chiesto se il divieto non fosse in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e con la Carta sociale europea. La situazione non è destinata a cambiare nell’immediato. In assenza di un intervento normativo, infatti, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti con i tre livelli di rappresentanza: i consigli di base di rappresentanza (Cobar), i consigli intermedi di rappresentanza (Coir) e i consigli centrali di rappresentanza (Cocer).