di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Laddove manca il lavoro, tutto resta bloccato. La maggior parte delle rilevazioni statistiche e degli indicatori economici, a parte qualche fotografia più ottimistica, lo dimostrano. Non servirebbero sociologi o economisti a sottolinearlo se gran parte della politica italiana, in particolare quella che dal diversi anni è maggioranza e governa, fosse in grado di ammetterlo, di capire, di ascoltare e di avere il coraggio che occorre per invertire la rotta delle politiche di rigore stabilite da Bruxelles. “Grazie” a queste ultime i Paesi del Sud Europa, in particolare ma non solo, rischiano il naufragio, ma di questo passo – Brexit docet – a rischiarlo è l’intera Unione.
L’Istat e l’Eurispes, oggi, ci consegnano due fotografie davvero allarmanti: l’una ci dice non solo che cala la fiducia di consumatori e imprese, ma soprattutto che l’aumento dei salari non riesce a raggiungere quello dei prezzi; l’altra descrive l’Italia come un Paese deluso e confuso, tradito da un sistema che non riesce più a garantire crescita, stabilità, sicurezza economica e prospettive per il futuro.
Gli italiani, quindi, o fanno parte dell’esercito dei disoccupati o dell’altro grande esercito di working poors, ovvero dei poveri con uno stipendio. Più che logico che siano diventati diffidenti nei confronti di un’effettiva ripresa economica del Paese e che abbiano perso fiducia nei confronti delle forze politiche, come sostiene il XX Rapporto Demos “Gli Italiani e lo Stato” che ha rilevato un distacco netto tra cittadini e istituzioni.
Quel distacco tra cittadini e istituzioni si può vincere perché i cittadini, come i lavoratori e i pensionati, sono scettici, non rassegnati. Hanno bisogno infatti di essere rappresentati da una guida sicura, capace di capire e risolvere i problemi.
Ecco perché stando alla guida di un’importante organizzazione sindacale, ho sentito il dovere di contribuire fattivamente al superamento di questo pericoloso scetticismo, che porta alla stasi politica ed economica del Paese in cui già siamo oggi, alla riproposizione delle vecchie ricette “rigoriste” che stanno impoverendo l’Italia, alla crisi dei valori, alla accettazione, avvenuta fino ad oggi senza colpo ferire, del trasferimento sempre più ampio di sovranità degli Stati membri agli organismi di Bruxelles. Ecco perché vogliamo essere luogo di elaborazione di un pensiero economico e sociale nuovo, in grado di farsi interprete dei cambiamenti. Dopo il 4 marzo, l’Italia deve poter contare su una vera stagione di riforme, che possa creare le condizioni per un rilancio del nostro Paese, altrimenti il declino è assicurato.
Ci auguriamo che la campagna elettorale possa far emergere idee forti e nuove, idee coraggiose e allo stesso tempo concrete, idonee ad essere calate nella realtà. Solo così si potranno riconquistare i tanti scoraggiati e sfiduciati sparsi in tutta Italia, da Nord a Sud, e di tutte le età.