Siamo davanti ad un abisso che ha inghiottito milioni di lavoratori e di lavoratrici nel nostro Paese. La nota mensile dell’Istat, pubblicata nella giornata odierna, certifica il dramma di tantissime persone che hanno perso il lavoro a causa della crisi economica. Le difficoltà rimangono tutte in piedi, nonostante il miglioramento che si è registrato a partire dal 2015, per effetto della pur tenue ripresa economica. Il tasso di disoccupazione è infatti ancora 4,3 punti percentuali sopra ai livelli antecedenti la crisi, fissata all’agosto del 2008. La cosa che inquieta è l’enorme distanza che ci separa dall’area euro: anche in questo caso ancora non si sono raggiunti i livelli pre-crisi, ma il differenziale è di appena 1,2 punti percentuali. L’Istat prova a spiegare questa distanza con la crescita della transizione fra inattività e disoccupazione, pure se non è una spiegazione che convince a metà, visto che comunque la transizione ha riguardato in media il 6 percento delle persone. In un tale scenario, assume particolare rilievo, in negativo, l’assenza o l’assoluta carenza di politiche attive nel nostro Paese. È noto, infatti, il sottodimensionamento dei centri per l’impiego, in termini di risorse umane ed economiche, così come il gap formativo che penalizza i nostri lavoratori. Pure in questo caso, è notorio che la formazione erogata si limita spesso a quella obbligatoria per legge e non è tanto volta ad una vera ed efficace riqualificazione del personale. Da verificare, in questo senso, l’efficacia di una misura introdotta nella appena approvata legge di bilancio che prevede delle agevolazioni in capo alle aziende che erogano ai loro dipendenti della formazione aggiuntiva e diversa da quella obbligatoria.