di Caterina Mangia

L’Italia è bella: talmente bella che, nonostante tutto, piace ancora.
La disoccupazione dilagante, la crisi economica, i deficit burocratici e amministrativi, la disaffezione alla politica e la mancanza di pianificazioni lungimiranti che valorizzino la Penisola, sono tutti elementi che non riescono a frenare l’enorme attrattiva esercitata dalla lingua di Dante e dal Belpaese, il primo al mondo per patrimonio culturale.
La conferma arriva dai numeri diffusi oggi dai musei statali italiani, i quali hanno registrato 45,5 milioni di visitatori nel 2016 rispetto ai 38,4 del 2013: nel 2017 si punta ai 50 milioni.
In testa alla classifica, ovviamente il Lazio e Roma, che con la più alta concentrazione nel globo di beni archeologici, storici, architettonici e archivistici è ancora “Caput mundi” dal punto di vista culturale: i visitatori sono stati 20,3 milioni, per incassi pari a 67,6 milioni di euro. A sorpresa, la Toscana, storica regione di grande attrattiva, viene battuta dalla Campania, che si attesta come seconda, con 8 milioni di visitatori e introiti per 41,7 milioni di euro.
Nonostante i pressappochismi e le inefficienze di un’Italia spesso abbandonata a se stessa – lo dimostra la morte di un turista spagnolo per il recente crollo di un capitello della Basilica Santa Croce a Firenze -, il Belpaese riesce ancora a convincere e ad essere volano economico e lavorativo: se soltanto si riuscisse a valorizzare l’enorme patrimonio storico, archeologico e artistico presente sul territorio nazionale, l’Italia potrebbe vivere di “rendita”.
Anche per quanto riguarda la diffusione della nostra lingua vale un discorso simile: l’interesse per l’italiano va oltre l’utilizzo di parole ormai entrate nel linguaggio internazionale, come “ciao”, “bello”, “bravo”, “pasta” e “pizza”: tutto ciò nonostante il fatto che il nostro Paese faccia ben poco per promuovere il nostro idioma all’estero. Secondo il documento conclusivo approvato dalla commissione Istruzione e dal Comitato per le questioni degli italiani all’estero al termine dell’indagine conoscitiva sullo Stato di diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo stampato da Palazzo Madama, sono due milioni e 200mila gli studenti del nostro idioma, che si attesta come quarto tra i più studiati dopo l’inglese, lo spagnolo e il cinese.
Si tratta di un numero straordinario, se si considera che la nostra è una lingua “inutile” ai fini della comunicazione internazionale “mainstream” e che, come sottolineato nello stesso documento, manca «una cabina di regia» che metta in campo «politiche linguistiche» con obiettivi «che non si limitino al presente ma si estendano oltre il decennio».
In tal senso, nel Documento si suggerisce la creazione di un «organismo interministeriale tra i Dicasteri degli Affari esteri, dell’Istruzione, dei Beni culturali e dello Sviluppo economico con potere decisionale».