Il rapporto Istat “I giovani nel mercato del lavoro”, riferito al 3° trimestre del 2016, è un pugno nello stomaco. Nulla che non si sapesse già ma la sequenza dei numeri è devastante: soltanto l’11,9% dei giovani ha ricevuto nel 2015 una qualche forma di aiuto nella ricerca di lavoro da parte di un’istituzione pubblica; 4 giovani occupati su 10 hanno trovato lavoro con la segnalazione di parenti, amici o conoscenti; ha un lavoro a termine oltre 1 giovane su 4; tra coloro che sono usciti dal sistema di istruzione nell’ultimo biennio (2° trimestre 2014 – 2° trimestre 2016) la quota di occupati in lavori atipici è del 51,7% per i laureati e del 64,4% per i diplomati; il 41% dei diplomati e il 31,4% dei laureati dichiarano che per svolgere adeguatamente il proprio lavoro sarebbe sufficiente un più basso livello di istruzione rispetto a quello posseduto; 1 giovane occupato su 4 lavora a orario ridotto, nella maggioranza dei casi, per l’impossibilità di trovare un’occupazione a tempo pieno; viene da sé che 4 giovani disoccupati su 10, soprattutto laureati, sarebbero disponibili a trasferire per motivi di lavoro la loro residenza; 8 milioni 10 mila giovani sono fuori dal sistema di istruzione e formazione cosiddetto formale, di essi il 29,5% (2 milioni 363 mila) ha al più un titolo secondario inferiore, il 51,8% (4 milioni 146 mila) un titolo secondario superiore e il 18,7% (1 milione 500 mila) un titolo terziario.
Il rapporto considera giovani persone che hanno tra i 15 e i 34 anni, nel 2° trimestre 2016 erano 12 milioni 681 mila rappresentando il 21% della popolazione residente in Italia.
Si tratta di 12 milioni di persone dannate perché le riforme fatte fino ad oggi, Josb Act in primis, li hanno depredati di diritti e protezioni sociali, regalando loro una “eterna” precarietà visto che l’attuale contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti non garantisce né stabilità né crescita di alcun tipo, in termini di tutele e quindi di professionalità e perché tutto ciò che c’è dopo il contratto a tempo indeterminato è un oceano di altra precarietà.
Persone dannate e beffate perché nessuno, come si può tranquillamente constatare da questa triste e surreale campagna elettorale, propone un piano o un progetto per liberare i giovani – e le loro famiglie – da questa palude per consegnare nelle loro mani un futuro migliore, uno scenario nel quale progettare e rischiare.
A parte bonus assunzioni, ormai parte imprescindibile della retorica renziana, la maggioranza che oggi governa e che aspira a governare non ha altre idee, pur sapendo già come va a finire. I bonus vengono sfruttati dalle imprese per il tempo loro concesso e una volta scaduti i termini i posti di lavoro si smaterializzano e non ne vengono creati nuovi, finché non arriva il prossimo bonus. Di politiche attive del lavoro, l’unico strumento che potrebbero compensare questa situazione di squilibrio, non se ne parla. Ieri abbiamo visto protestare i dipendenti non regolarizzati dell’Agenzia nazionale deputata a costruire una rete di protezione intorno a chi lavora e a chi ha perso il lavoro.
L’allarme squilla forte e chiaro ma nessuno sembra sentirlo.