di Fiovo Bitti
Segretario Confederale Ugl
Un sospiro di sollievo, solo per il Governo, anche sulle rivalutazioni
Il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, parlando da Milano, minimizza, ricordando come ci sia «un anno di tempo» per definire il tutto, ma il suo sembra soprattutto un tentativo di mandare la palla in tribuna, in attesa delle prossime elezioni politiche e del governo che verrà. Quasi un tentativo di esorcizzare il secondo scoglio della perigliosa navigazione della legge di bilancio, dopo esser riuscito a schivare il giudizio della Corte costituzionale, che ha reputato legittimo il provvedimento che porta il suo nome sulla rivalutazione parziale degli assegni pensionistici. La questione dell’innalzamento dell’età pensionabile è estremamente seria, perché impatta pesantemente sulle persone, su quelle che vorrebbero finalmente andarci in pensione e su coloro che, principalmente giovani, ma non solo, aspettano che si liberi un posto di lavoro per poter essere assunti. Come già scritto ieri, l’Istat ha svolto il proprio compito, certificando, sulla base dei numeri a propria disposizione, un incremento di addirittura cinque mesi nella speranza di vita dal 2013 al 2015, dato sorprendente alla luce della crescita delle persone in condizione di disagio economico che dichiarano di non avere risorse sufficienti per garantirsi una adeguata tutela sanitaria. L’aspettativa di vita incide sia sull’età pensionistica, che salirà a 67 anni da 66 anni e sette mesi, sia sull’ammontare dei contributi, da 42 anni e dieci mesi a 43 anni e tre mesi, in entrambi i casi a decorrere dal 1° gennaio 2019. Ora la parola spetta al Governo e al Parlamento; soprattutto il primo, però, non sembra ad oggi in condizione di poter prendere una decisione poiché si vedrebbe costretto a smontare la stessa legge di bilancio.