Ben 9,1 miliardi di euro. Tanto costerà alle famiglie e alle imprese italiane l’asporto dei rifiuti. I dati, diffusi oggi dalla Cgia, evidenziano che “tra il 2017 e il 2016, i negozi di frutta, i bar, i ristoranti, gli alberghi e le botteghe artigiane subiranno un aumento della tariffa dei rifiuti oscillante tra il 2 e il 2,6 per cento. Per le famiglie, invece, l’incremento sarà leggermente più contenuto”, ma, diciamolo, sempre alto. Per un nucleo con 2 componenti la maggiore spesa sarà del 2 per cento, con 3 dell’ 1,9 per cento e con 4 dello 0,9 per cento.
Sebbene in questi anni di crisi la produzione di rifiuti sia diminuita di 3 milioni di tonnellate, i servizi non siano migliorati e l’incidenza della raccolta differenziata è aumentata di 20 punti percentuali, le tariffe continuano ad aumentare.
Questo accade, spiega la Cgia, perché anche se in questi ultimi due anni il Governo abbia imposto l’obbligo di non aumentare le tasse locali, gli amministratori si sono ”difesi tagliando i servizi e/o aumentando le tariffe che, per loro natura, non contribuiscono ad appesantire la pressione fiscale, anche se hanno un impatto molto negativo sui bilanci di famiglie e imprese”. L’Istituto ricorda che sono state numerose le novità che hanno riguardato il prelievo dei rifiuti: si è passati dalla Tarsu, alla Tia poi alla Tares e infine, alla Tari. Quest’ultima tassa si basa sul principio stabilito dall’Ue che ”chi inquina paga”, confermando il legame tra la produzione dei rifiuti e l’ammontare del tributo. Rispetto alla Tarsu, ricorda la Cgia, le successive forme di prelievo sono andate nella direzione di coprire integralmente il costo del servizio. Con la Tia questa previsione era stata prorogata e mitigata, mentre con la Tares prima e la Tari poi, questa prescrizione è stata resa operativa. “L’applicazione di questo principio – secondo l’Istituto – si è tradotto in un forte incremento dei costi per gli utenti. I risultati riportati più sopra sono stati ottenuti considerando le superfici medie definite dall’Istat di alcune tipologie di immobili strumentali presenti nel paese. Le tariffe, invece, sono quelle medie applicate dai principali Comuni capoluogo di regione”.
Con l’introduzione della Tari è stato ulteriormente confermato l’assunto che il costo del servizio in capo all’azienda che raccoglie i rifiuti dev’essere “interamente coperto dagli utenti, attraverso il pagamento del tributo”. Sta proprio qui il problema: “le aziende di asporto rifiuti, di fatto, operano in condizioni di monopolio, con dei costi spesso fuori mercato che famiglie e attività produttive, nonostante la produzione dei rifiuti sia diminuita e la qualità del servizio offerto non sia migliorata, sono chiamate a coprire con importi che in alcuni casi sono del tutto ingiustificati”.