di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Il governo ha convocato i sindacati il 5 novembre a Palazzo Chigi, l’incontro con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e una delegazione di ministri sarà sulla manovra. In merito alla quale, l’UGL si è espressa sottolineando le misure che rispondono alle richieste espresse anche attraverso la manifestazione delle “Cento Piazze”, del 27 e 28 settembre, con l’obiettivo di sensibilizzare l’esecutivo sulla necessità di varare una Legge di Bilancio di stampo sociale. Larga parte delle sollecitazioni indirizzate dall’UGL al Governo hanno trovato spazio nel disegno di legge di bilancio, a conferma della giustezza delle posizioni assunte con grande senso di responsabilità dal sindacato e al netto delle considerazioni in ordine alle risorse stanziate su alcune voci, in particolare sulla sanità, rispetto alle quali si auspica un ulteriore sforzo, anche nel corso del prossimo anno, con l’obiettivo di ridurre le liste di attesa e favorire le assunzioni, assicurando la fruizione dei livelli essenziali delle prestazioni.

L’approccio prudenziale adottato nella definizione del Piano strutturale di bilancio (Psb) dall’esecutivo non ha impedito di continuare a investire sugli elementi positivi, emersi a partire dal 2022, sul versante dell’occupazione e del progressivo, seppure ancora parziale, recupero del potere d’acquisto degli stipendi. Quindi bene la conferma del taglio dell’Irpef e del cuneo contributivo e fiscale, che diventano strutturali, e la riproposizione di misure, già adottate per l’anno in corso: cuneo contributivo maggiorato per le lavoratrici madri, sostegno alla contrattazione collettiva di secondo livello di produttività e riconoscimento dei fringe benefit.

Ma oggi veniamo a sapere che le risorse per l’industria dell’auto, quelle del Fondo Automotive, sarebbero state ridotte di 4,6 miliardi. Lo stanziamento iniziale di 1 miliardo l’anno, fino al 2030, sarebbe stato decurtato: per il 2025 restano soltanto 450 milioni e per i successivi anni 200.

La crisi che sta vivendo il settore, non solo in Italia, è senza precedenti. Lo conferma quanto sta accadendo alla Volkswagen in Germania che ha deciso di chiudere ben tre stabilimenti, di tagliare gli stipendi almeno del 10%, di licenziare decine di migliaia di lavoratori, mettendo anche in crisi un modello fino ad oggi invidiato, quello dei consigli di sorveglianza in cui siede anche il sindacato. Quest’ultimo sta facendo e farà molta fatica a evitare lo scontro, le industrie metallurgica ed elettrica sono già pronte a proclamare scioperi di avvertimento. Una crisi che non può non preoccupare o non intaccare le prospettive delle lavoratrici e i lavoratori italiani del Gruppo Stellantis. Sebbene all’interno dello stesso governo tedesco non vi sia un’identità di vedute sul se e sul come intervenire, è certo che la Germania non resterà con le mani in mano. Che intende fare, invece, l’Italia?