di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl
Si può non esserne contenti, ma è un dato di fatto. Seppur con sfumature diverse, il governo Meloni – e così anche il centro destra nel suo insieme – sta reggendo alla prova del tempo.
Secondo il sondaggio di Youtrend per Sky TG24, rispetto a un mese fa, Fratelli d’Italia (28,2%, -0,2%) resta il primo partito italiano, mentre nei confronti del governo i giudizi positivi si fermano al 36% (-5%); per Vis-Factor , da un’analisi realizzata attraverso Human Index, con un gradimento del 46,1%, rispetto al 46,9% dell’ottobre 2023, il governo Meloni taglia il traguardo del secondo anno di legislatura con orientamento stabile degli italiani nei suoi confronti; da un sondaggio Dire-Tecnè, con interviste effettuate il 17 e 18 ottobre, emerge una crescita di fiducia per il governo Meloni: il 40,2% degli intervistati ha espresso fiducia nell’esecutivo (+0,2 rispetto a sette giorni fa), mentre il 52,4% non ha fiducia, un dato in calo dello 0,3.
Si oscilla dal 36 al 40,2%, ma la sostanza è che, dopo due anni di scelte affatto facili, il governo di centro destra, il primo in assoluto in Italia ad essere guidato da una donna, è riuscito a mantenere un sostanzioso e sostanziale consenso. Risultato non da poco: tradizionalmente si ritiene che la luna di miele tra un governo e il proprio elettorato possa durare al massimo 100 giorni. Infatti, in un articolo del 2022, Francesco Verderami, sul Corriere della Sera, predisse che “il futuro governo Meloni” non avrebbe potuto godere neanche dei 100 giorni di luna di miele, a causa di scelte difficili che di lì a poco avrebbe dovuto fare. Invece la luna di miele continua a durare dopo due anni.
Quali le ragioni? Non ce n’è mai una sola e bisogna pur ammettere che sarebbe ingeneroso, come “alcuni” fanno, attribuire ad un’opposizione confusa e sgangherata il merito di tutto. Al netto degli “incidenti di percorso”, da un osservatorio particolare, quale è quello del sindacato, possiamo dire che le principali ragioni sono scritte proprio nelle leggi di bilancio (si spera anche nella prossima).
Sta nel taglio del cuneo fiscale, che ha dato sostanza a stipendi che non l’avevano. Sta nell’aver cancellato uno strumento puramente assistenziale, come il reddito di cittadinanza, e nell’aver puntato tutto sul lavoro: non è un caso sé, a fronte altri indici economici traballanti, il Pil, seppure di poco, e l’occupazione sono i tassi che continuano a crescere. Sta nell’aver posto attenzione alla natalità e alla famiglia. Sta, infine, nella capacità di prendere posizione su temi difficili come la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, l’emergenza mai affrontata in Ue dei migranti e la maternità surrogata.
Andare incontro «a testa alta», come dice Giorgia Meloni, anche all’impopolarità, evidentemente premia.