Il Parlamento ha votato i nuovi membri – sono Frangi, Marano, Natale e Di Majo –, il Mef ha proposto Agnes e Rossi. Si è spaccato il campo largo
Il nuovo Consiglio d’amministrazione prende corpo. Da segnalare, la spaccatura tra i partiti dell’opposizione, un’ulteriore conferma dell’instabilità del cosiddetto campo largo che punta a raccogliere tutti i partiti di centrosinistra. Maggioranza invece compatta (anche questa non è una novità, a modo suo). La Camera ha eletto Federica Frangi e Roberto Natale, rispettivamente candidati del centrodestra e di Alleanza Verdi Sinistra; il Senato ha nominato Antonio Marano e Alessandro Di Majo, il primo indicato dalla Lega mentre il secondo è stato già consigliere in quota del Movimento 5 stelle dal 2021 (Camera e Senato eleggono quattro consiglieri, che resteranno in carica per tre anni). Adesso spetta alla Commissione di Vigilanza votare il presidente, indicato, come l’amministratore delegato, dal ministero dell’Economia e nominato dal Consiglio dei ministri: in questo caso, i nomi proposti sono quelli di Simona Agnes e Giampaolo Rossi. Oltre alle nomine Rai, da sempre una partita delicata, l’agenda politica prevede anche la riforma della televisione pubblica che deve recepire il Media Freedom Act, approvato dal Parlamento europeo, che obbliga gli Stati membri a proteggere l’indipendenza dei media e vieta qualsiasi forma di ingerenza nelle decisioni editoriali. Dalla maggioranza hanno fatto sapere che ciò avverrà in tempi rapidi (c’è tempo fino all’8 agosto del 2025). Una notizia accolta con favore dal M5s e da Avs, che hanno scelto così di partecipare alla formazione del nuovo Cda per non lasciare mano libera al centrodestra: «La riforma della governance dell’azienda non si può fare in tempi rapidi. E nel frattempo cosa facciamo? Rimaniamo senza cda? Lo lasciamo quindi a Giorgia Meloni e alle forze di maggioranza, senza esercitare neppure quel minimo controllo per il pluralismo e per le funzioni di vigilanza?», ha detto il presidente del M5s, Giuseppe Conte, spiegando le ragioni della scelta. Altrettanto non hanno fatto il Partito democratico, Azione e Italia viva, preferendo la scelta “dell’Aventino”, perché, questo il loro punto di vista, la scelta dei membri del Consiglio, del presidente e dell’amministratore delegato sarebbe dovuta avvenire successivamente alla riforma della televisione pubblica.