di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl
Un’indagine Excelsior, di Unioncamere e Ministero del Lavoro, di cui si parla oggi sul Sole 24 Ore, fornisce nuovi dati aggiornati sul mismatching, ovvero sullo squilibrio tra le competenze possedute e quelle richieste dal mondo del lavoro, in particolare con riferimento ai giovani. Nel nostro Paese è in atto un paradosso: da un lato mancano al sistema produttivo circa 30mila persone l’anno con istruzione universitaria, dall’altro ci sono laureati che non trovano lavoro. Un paradosso facilmente spiegabile, però: le competenze di livello universitario più richieste sono, e saranno anche in futuro, quelle di tipo Stem, scientifiche, informatiche, tecnologiche, matematiche ed ingegneristiche, quelle dell’area economico-statistica ed, infine, dell’area medico-sanitaria. In tutti questi settori c’è una forte carenza di laureati, mentre, nello stesso tempo, il sistema educativo italiano presenta un eccesso di laureati in ambito giuridico, umanistico e psicologico rispetto alla domanda effettiva. Anche gli Its Academy, percorsi formativi post-diploma orientati alla pratica, vedono un’alta richiesta da parte delle aziende, ma una scarsità di diplomati. La situazione del mismatch tra domanda e offerta lavorativa viene accentuata dall’invecchiamento della popolazione, che riduce il numero di giovani disponibili per il mercato del lavoro. Una situazione nota, ma questi nuovi dati chiariscono ulteriormente la portata del problema ed il suo impatto sul sistema produttivo, per non parlare, poi, delle conseguenze per gli stessi giovani e delle loro prospettive di un soddisfacente inserimento nel mondo del lavoro e nella società. Occorre affrontare questa criticità per evitare una dispersione di risorse e di energie penalizzante per l’intera comunità. È fondamentale rafforzare le politiche di orientamento scolastico, rendendo i giovani maggiormente consapevoli della situazione, garantendo – e questo è un punto fondamentale – che la formazione anche universitaria sia accessibile a tutti, comprese le famiglie meno abbienti, attraverso un sistema realmente meritocratico. Dobbiamo ricordare che l’investimento in una forza lavoro preparata e connessa alle esigenze del mondo contemporaneo non è questione che riguarda solo i singoli giovani e le loro famiglie, ma è un tema di interesse collettivo, per la tenuta del sistema produttivo e lo sviluppo economico, ma anche per le conseguenze positive che una forza lavoro giovane ben inserita nel mondo del lavoro comporta in termini di entrate fiscali, solidità del welfare e della previdenza, consumi interni, e, elemento non certo trascurabile, prospettive demografiche per il Paese. In un quadro di concertazione con le parti sociali, per evitare che la formazione si riduca ad un mero adattamento alle esigenze delle imprese, bisogna puntare con decisione su percorsi formativi scientifici, universitari o tecnico-professionali.