IA, aziende e ricerca: «L’Europa cambi rotta». È l’appello di 50 aziende e ricercatori europei, tra cui EssilorLuxottica, Prada, Pirelli, Exor Group, Meta, Spotify, Engineering, Ericsson, Nicolò Cesa-Bianchi, Eugenio Valdano, PhD
Dopo la sveglia di Draghi, che con il suo Rapporto sulla Competitività ha evidenziato come l’innovazione, soprattutto digitale, sia cruciale per ridurre il gap tra Ue, Usa e Cina, criticando di conseguenza la frammentazione dei fondi e le barriere burocratiche, suggerendo progetti comuni e incentivi per sostenere tecnologie avanzate e startup, ecco arrivare oggi una lettera indirizzata all’Ue. Si tratta di un vero e proprio «appello», da parte di 50 aziende e ricercatori europei – tanto per citarne alcuni, EssilorLuxottica, Prada, Pirelli, Exor Group, Meta, Spotify – i quali chiedono un «cambiamento di rotta» dell’Unione Europea sull’Intelligenza artificiale, per non «restare esclusa dai grandi benefici di una tecnologia aperta in grado di accelerare la crescita economica e la ricerca». La lettera è rivolta a legislatori e regolatori europei ed è firmata anche da Engineering, Ericsson, Nicolò Cesa-Bianchi (Università degli Studi di Milano), Eugenio Valdano, PhD. Cosa chiedono in particolare? «Decisioni rapide, armonizzate, coerenti e chiare» al fine di consentire l’uso dei dati europei per l’addestramento dell’IA a beneficio dei cittadini che, altrimenti saranno «privati dei progressi di cui godono invece Usa, Cina e India». Purtroppo, negli ultimi tempi, le decisioni normative sono diventate frammentate e imprevedibili, mentre gli interventi delle autorità europee per la protezione dei dati «hanno creato una grande incertezza sul tipo di dati che possono essere utilizzati per addestrare i modelli di IA». I firmatari fanno riferimento ai modelli «multimodali» cioè quelli «che operano con testo, immagini e audio, e che consentiranno il prossimo salto in avanti nell’IA». «Senza questi modelli – aggiungono – l’IA verrà sviluppata altrove». L’Europa «può scegliere di riaffermare il principio di armonizzazione sancito nei quadri normativi come il GDPR e offrire un’interpretazione moderna delle sue disposizioni», permettendo così che l’innovazione nell’IA si sviluppi qui con la stessa portata e velocità che in altre regioni del mondo. Oppure «continuare a respingere il progresso, contraddire le ambizioni del mercato unico e restare a guardare mentre il resto del mondo sviluppa tecnologie a cui i cittadini europei non avranno accesso», concludono senza giri di parole i firmatari.