di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

La multinazionale dell’e-commerce Amazon, tramite una dichiarazione dell’Ad, Andy Jassy, ha annunciato di far tornare i dipendenti dell’azienda al lavoro in presenza per cinque giorni su cinque a partire dal 2025, riservando lo smartworking solo a situazioni particolari, con l’obiettivo di puntare su un modello di organizzazione del lavoro più tradizionale, per consolidare la cultura aziendale, migliorare la creatività e l’apprendimento reciproco. Una scelta, quella di Amazon, che pure si era giovata, durante la pandemia, della possibilità del lavoro a distanza, che sta riaccendendo il dibattito sul lavoro da remoto. Oggi, sul Sole 24 Ore, il presidente di Unipol, Carlo Cimbri, ad esempio, ha espresso dubbi sul considerare lo smart working come “nuova normalità”, pur riconoscendone alcuni benefici, soprattutto per quanto riguarda la conciliazione tra vita lavorativa e familiare. Nello stesso tempo, a livello globale, si discute anche di un tema connesso a quello del lavoro da remoto, ovvero l’eccesso di riunioni virtuali su piattaforme come Teams, Zoom e Skype, aumentate del 252% dal 2020 e spesso giudicate inefficaci e fonte di stress. Dal nostro punto di vista, la chiave di volta risiede nel trovare una giusta sintesi tra il rigore del lavoro in presenza e la flessibilità offerta dallo smartworking. Troppo lavoro da remoto rischia di isolare i lavoratori, privandoli di quelle relazioni interpersonali che sono essenziali sia per lo sviluppo delle competenze tecniche e per la crescita professionale, che per il rafforzamento dei legami interpersonali e del senso di appartenenza, non solo aziendale, ma anche sociale e sindacale. E, ampliando lo sguardo oltre le mura aziendali, troppo lavoro da remoto può avere la conseguenza di svuotare le città, comportandone una depauperazione economica e sociale. D’altro canto, il lavoro da remoto, che è stato essenziale durante il periodo pandemico, ha anche mostrato molti effetti positivi. A partire da un significativo miglioramento della conciliazione tra vita lavorativa e familiare, senza incidere sulla produttività, specie per i lavoratori con figli o con altri compiti di cura, quindi spesso sull’occupazione femminile, ma anche dando vita ad una modalità di organizzazione del lavoro più centrata sui risultati effettivi che sui tempi di presenza in azienda. Per la vita collettiva, portando benefici sulla congestione di traffico e trasporti pubblici e ripopolando le periferie ed i piccoli centri urbani. La soluzione, in sintesi, è un approccio bilanciato tra lavoro in presenza e da remoto, per facilitare la vita personale dei lavoratori senza, però, comprometterne quella professionale. Un equilibrio tra flessibilità e appartenenza è la strada che porta non solo al successo delle aziende, ma anche al benessere dei lavoratori, un obiettivo da perseguire nella contrattazione nazionale ed aziendale.