«Riforme, oppure l’Ue è finita», così l’ex premier ai capigruppo del Parlamento europeo
L’intervento di Mario Draghi, ora nel ruolo di «super-consulente» della Commissione europea, per illustrare ai capigruppo del Parlamento Ue un’anticipazione del rapporto sulla competitività dell’Unione, che sarà presentato ufficialmente alla Commissione la prossima settimana, si è trasformato in un accorato appello. «Servono riforme rapide. – così l’ex presidente della Bce ed ex Premier italiano – Se non si interviene seguendo questa direzione, l’Europa è finita. Lo ripeto: è finita. Ve lo dico perché questo è il mio incubo più frequente». Parole dure, per evidenziare i ritardi nell’innovazione, l’aumento dei costi energetici e l’esigenza di maggiore autonomia, la scarsità di competenze e la lentezza nella digitalizzazione, ovvero le maggiori criticità dell’Unione, che rischiano di far perdere competitività al Vecchio Continente rispetto a Stati Uniti e Cina, ma anche la necessità di investire nella difesa. Per risanare una situazione a suo dire preoccupante, Mario Draghi ha sottolineato l’importanza di una cooperazione senza precedenti fra i 27, che porti a provvedimenti legislativi immediatamente utilizzabili, non solo nell’ambito economico, ma anche per realizzare una riforma istituzionale completa. Il rapporto sulla competitività, non ancora pubblico, sarà composto, così ha spiegato Draghi, non solo da dieci capitoli sulle riforme da realizzare, ma anche da una parte introduttiva sui valori fondativi dell’Ue. Un monito basato sulla necessità di un’ampia corresponsabilità e collaborazione, da parte di una figura unanimemente stimata, che potrebbe dare alla Presidente von der Leyen un’ulteriore supporto per la composizione di una nuova Commissione Ue basata su delle «larghe intese», ampliate, quindi, a parte dell’area politica conservatrice, perché, per impostare un simile processo di riforma, occorre il sostegno di tutti.